Putin va al tavolo di Trump: è il primo passo
Giovanni Sallusti · 13 Marzo 2025
Cari ascoltatori, sembra una contraddizione ma in certi tornanti epocali non lo è, la notizia clamorosa di oggi è interlocutoria. Oggi il presidente russo Vladimir Putin ha esternato e ha detto due cose: per la prima volta ha ammesso chiaramente che sospendere le ostilità sarebbe una buona idea e che è disposto a farlo; e ha aggiunto che questa questione e tutte le subordinate che ne derivano devono essere discusse con gli Stati Uniti. Trump ha commentato con prudente positività questa apertura: “Mi piacerebbe parlare con Putin. Dichiarazioni molto promettenti, ma non complete. Spero faccia la cosa giusta”.
La notizia clamorosa ma interlocutoria è dunque che Putin va a sedersi al tavolo che gli ha apparecchiato Trump approntando l’accordo con l’Ucraina a Gedda per un cessate il fuoco di 30 giorni, durante i quali esaminare le condizioni di una pace duratura. Una mediazione, condotta dal segretario di Stato Marco Rubio, in cui Zelensky ha fatto un’inversione a U rispetto al suicidio strategico che aveva inscenato alla Casa Bianca.
Trump ha messo così il cerino in mano a Putin, che dicendo di no avrebbe mostrato di non volere la pace e avrebbe messo piede in un terreno sconosciuto, sia rispetto a Trump, che è uomo di difficile lettura, sia forse rispetto alla Cina, che certe incognite non le gradisce. Molto probabilmente Putin ha in mente tutt’altre condizioni di partenza rispetto a quelle derivanti dall’accordo Usa-Ucraina, ma di partire lontani accade in ogni trattativa.
Putin ha detto: “Sono grato a Trump per aver messo così tanta attenzione alla situazione in Ucraina”, parole diverse rispetto ai tempi di Biden, che veniva accusato di fomentare una guerra per procura: è chiaro il cambio di umore sul canale di comunicazione formale che è stato ripristinato. Nel contenuto, “siamo d’accordo a fermare le ostilità, ma il cessate il fuoco dovrebbe essere tale da portare immediatamente a una pace duratura”: Putin accetta il cambio di paradigma imposto da Trump (se era per l’Europa saremmo stati ancora in pieno macello), ma teme il cessate il fuoco, perché vede i 30 giorni di tregua come una “terra di mezzo” in cui qualcuno potrebbe rifornire ulteriormente di armi l’Ucraina.
La volontà di sedersi a trattare con il leader americano però resta centrale: “L’idea di una tregua è giusta, ma ci sono questioni che devono essere discusse con gli Stati Uniti, magari in una telefonata con il presidente Trump. Vogliamo anche garanzie che durante il cessate il fuoco l’Ucraina non svolgerà mobilitazioni e non riceverà armi”. Dopodiché Putin ha alluso all’avanzata nel Kursk, ma questa è cronaca.
Le parole del presidente russo sono un importante passo avanti rispetto alle posizioni ventilate stamattina dal suo consigliere per la sicurezza nazionale, fatte filtrare dalla Reuters, dalle quali sembrava ci fosse un irrigidimento totale da parte russa, quasi avesse intenzione di rovesciare il tavolo apparecchiato da Trump.
Invece alla fine sembra essere partito, il negoziato tra la superpotenza americana la potenza regionale russa, che ha un formidabile arsenale nucleare, ma ha dei vistosi limiti per capacità di proiezione e solidità economica. Questa è una prima vittoria di Trump, la premessa per uscire dal pantano di una logorantissima guerra di trincea in cui la Russia avanza un chilometro alla volta, con perdite enormi da una parte e dall’altra: Mosca non riesce a perseguire quella vittoria che voleva all’inizio, ma alla fine otterrà il controllo dei territori occupati, come Rubio ha già fatto intendere a Gedda.
La notizia clamorosa e interlocutoria che Putin si siede al tavolo apparecchiato da Trump è un’ottima notizia dal punto di vista anzitutto ucraino, e anche europeo. Il cammino sarà molto difficoltoso, ma tutti quelli che irridevano l’iniziativa di Trump, la dipingevano come dilettantesca o velleitaria, sono serviti: oggi devono prendere atto che il primo risultato che aveva in mente si è realizzato.