Mister Zelensky, vai a Washington!
Giovanni Sallusti · 3 Marzo 2025
Cari ascoltatori, se queste ore fossero un film, il titolo potrebbe essere, parafrasando un celebre film di Frank Capra, “Mr. Zelensky va a Washington (il prima possibile)”. Parliamo di remake perché la pressoché intera classe dirigente europea, che doveva garantirlo indipendentemente dall’ombrello americano, ora gli sta dicendo che sarà meglio che non rompa con lo zio Sam e che cerchi un accordo. Questa è la realtà, non la narrazione antiamericana secondo la quale adesso ci penseranno gli europei. Gli europei stanno solo provando fuori tempo massimo a mettere la testa sul dossier Ucraina, con vari gradi di lucidità: per esempio, basso per Emmanuel Macron, che vede ancora la guerra in Europa come occasione per affermare un suo inverosimile bonapartismo. Più alto invece per il premier britannico Kier Starmer che, parlando alla Camera dei Comuni, ha detto “nessuno in questa Camera dovrebbe dubitare per un secondo del continuo impegno del presidente Trump per la pace”. Starmer ha ricordato che Trump ha ribadito la validità dell’articolo 5 della Nato e che il dialogo tra Regno Unito e Stati Uniti è importantissimo: “Le nostre due nazioni continueranno a lavorare insieme sulle questioni di sicurezza per una pace e duratura in Ucraina”.
Ancora più chiara è la posizione del governo italiano: la premier Giorgia Meloni ha detto che l’Occidente esiste se esistono le sue due facce su ambo le sponde dell’Atlantico, altrimenti resta monco e non può essere efficace nella dinamica geopolitica. E la Lega da subito ha spronato perché venisse seguita l’iniziativa negoziale di Trump per mettere fine alla guerra.
Insomma, i leader europei si sono resi conto del suicidio strategico di Zelensky nello Studio ovale e lo hanno invitato a riparare: d’altra parte non c’è un’alternativa alle carte americane, e quelle che erano sul tavolo erano già una garanzia per l’Ucraina, come ha ricordato in queste ore Michael Waltz, il consigliere per la sicurezza nazionale americano. L’accordo sulle terre rare, dipinto come un atto predatorio da parte di chi ha sostenuto l’Ucraina per tre anni facendola rimanere in piedi, in realtà è, per quanto irrituale, un capolavoro strategico dell’amministrazione Trump: porterebbe in Ucraina interessi e personale americano, civile e militare, per la gestione e l’estrazione delle terre rare, che Putin non potrebbe certo attaccare. È una forma di deterrenza implicita.
Quell’accordo quindi non solo non va contro l’Ucraina, ma è un modo geniale di trovare la quadra negoziale: cosa che interessa anche a Putin, perché la Russia sul terreno fatica a guadagnare ogni singolo metro. Per questo ripetiamo: Mr. Zelensky, va’ a Washington, è nell’interesse del tuo Paese aggredito e sovrano.