Il mondo corre, Repubblica raduna gli euronostalgici
Giovanni Sallusti · 3 Marzo 2025
Cari ascoltatori, quando Henry Kissinger in un celebre aforisma disse che l’Europa è un gigante economico, un nano politico e un verme militare non aveva ancora conosciuto l’Unione europea, ma gli era bastato vedere i suoi progenitori, i primi progetti di far diventare il continente un’unità politico-burocratica. Oggi l’Europa, ridotta a Unione europea, non solo ha inverato il suo aforisma, ma se possibile ha peggiorato la situazione (non è un caso che il Regno Unito sia fuggito), facendosi portavoce di follie ideologiche come il green deal, a causa del quale è sempre meno un gigante economico: eppure va avanti in modo acritico, un leviatano controllato da Bruxelles, come diceva Margaret Thatcher, che si rivolta contro la propria economia.
L’Unione Europea è stata nel migliore dei casi irrilevante, nel peggiore dei casi dannosa, e non è mai effettivamente esistita da un punto di vista politico, perché è stata via via portavoce di singole politiche di potenza di Stati europei: della Germania, fino a che, dopo la Guerra fredda, è stata la locomotiva economica europea, grazie anche all’ipocrisia per cui la difesa continentale veniva appaltata agli Stati Uniti e intanto si imbastivano vie commerciali preferenziali con Russia e Cina, cioè la politica di Angela Merkel. Più recentemente l’Unione Europea è stata luogo della politica di potenza francese con il bonapartismo inverosimile di Emmanuel Macron: ma anche questa ha avuto il fiato corto, perché la situazione economica della Francia è molto pesante e Macron oggi è ai minimi di consenso.
Sotto il profilo militare, come detto, la Ue è uno zero assoluto, stretta nell’ipocrisia irenista di appoggiarsi per la difesa ai soldi dei contribuenti americani mentre si fanno affari con altri. Ora sembra che qualcosa si sita muovendo, ma i passi per riorganizzarsi sono difficili, perché fra i leader non c’è una visione condivisa.
Ebbene, in questo scenario, Repubblica, tramite la sua firma d’eccellenza e gran maestro dell’alfabeto radical chic Michele Serra, convoca per sabato 15 marzo una manifestazione per difendere tutta questa storia fallimentare. “Noi siamo l’Europa: una manifestazione di orgoglio europeo senza nessuna bandiera di appartenenza, se non la bandiera europea”, ieri sera ha concionato Serra da Fabio Fazio, che gli ha messo a disposizione il suo salottino come megafono.
Il problema è proprio questo, “senza nessuna bandiera di appartenenza”: cioè la rivendicazione di questo progetto di Unione completamente disincarnato dalle storie dei popoli dell’Europa, che, come ricordava la Thatcher, è caratterizzata da differenze nazionali, da pluralismo delle identità, da appartenenze. Un’Europa composta di appartenenze sarebbe un’entità lucida, confederata, non unificata in modo forzato attorno a un politburo. La falla di questo progetto ideologico è che l’appartenenza nazionale era un disvalore e andava cancellata.
Per fortuna la storia sta voltando pagina: il cambio di paradigma imposto da Trump sulla scena mondiale e l’affermarsi delle identità, che possono sì essere messe tra parentesi ma non castrate, stanno sempre più riprendendo piede anche in termini elettorali. Per questo la manifestazione lanciata da Serra sembra più un ritrovo di nostalgici, di sconfitti dalla storia che stanno ancora lì a rivendicare il passato.