L’accelerata trumpiana di Salvini

· 26 Febbraio 2025


Cari ascoltatori, registriamo una buona notizia sull’incontro con la stampa estera del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e leader della Lega Matteo Salvini. Ci sono state ovviamente domande su tutti gli snodi dell’attualità: per esempio, Salvini ha sottolineato l’inverosimiglianza di un esercito comune europeo affidato a Ursula von der Leyen, la cui Commissione sta già distruggendo le più importanti filiere produttive europee, ci manca che distrugga pure la credibilità difensiva del continente. Meglio affidarsi a Stati forti che investano di più nella difesa.

Ma la vera notizia politica è l’accelerata trumpiana di Salvini. Il tema è l’immigrazione: anche stimolato dal successo di Afd alle elezioni tedesche e dalle parole (anche se ancora troppo tiepide) improntate a una gestione accorta dell’immigrazione da parte di Friedrich Merz, Salvini ha dato un taglio all’ottica difensivista rispetto al luogocomunismo woke. Donald Trump alla Casa Bianca, a capo della più grande democrazia del globo, ha dimostrato che è ora di giocare politicamente all’attacco, ma a monte, cioè di smettere di cercare palliativi a valle della narrazione farlocca e masochista woke, che è contro l’interesse della popolazione americana e dei popoli occidentali.

Che cosa significhi giocare all’attacco lo ha chiarito bene lo stesso Salvini: “L’Europa non deve trasferire immigrati da un Paese all’altro, ma blindare i confini, questo è l’obiettivo imprescindibile. Il controllo dell’immigrazione clandestina è al centro della democratica rivoluzione del buonsenso in atto in Occidente. Auspichiamo che il nuovo governo tedesco vada in quella direzione, come richiesto da milioni di elettori: no redistribuzioni, sì frontiere chiuse”.

Salvini sottolinea l’urgenza di un cambio di paradigma, e ogni politica di centrodestra all’altezza dei tempi deve fare questa battaglia a monte: non esiste un astratto diritto a immigrare, quindi anche clandestinamente. Piuttosto, come ricordava Papa Benedetto XVI, esiste un sacrosanto diritto a rimanere in casa propria. Un diritto che oggi è calpestato da autocrazie, dittatori, regimi islamisti, non dal cattivone Trump.

Esiste certamente un diritto a immigrare legalmente, stando nelle regole, nell’ambito fisiologico del fenomeno migratorio, quel che non può più continuare è la patologia dell’immigrazione clandestina. È in questo senso che il discorso salviniano si inserisce nell’ottica con cui sta governando Donald Trump: ricordiamo che il suo “zar dei confini” Tom Holman, cui è stata appaltata la gestione dell’immigrazione, ha detto che chiunque sia in America clandestinamente deve sapere che ha un problema, perché sta già commettendo un reato. È questa la rivoluzione del buon senso: ripristinare il nesso tra la parola e la cosa, l’immigrazione clandestina è un reato e quindi una nazione civile non la può tollerare.

Così Salvini stana anche Merz, il fresco vincitore delle elezioni tedesche che dopo essersi inizialmente espresso in direzione di una blindatura dei confini, ora sembra già fare dei distinguo: ma non è più era di distinguo, è l’era delle grandi scelte. Azioni come il modello Albania sono giustissime e vanno difese dall’attacco giudiziario cui è stata sottoposta l’autonomia del potere politico; ma non sono sufficienti, sono lodevoli azioni a valle. Quello che invece deve passare è il paradigma trumpiano, è il no radicale, a monte, nei confronti della tolleranza verso l’immigrazione clandestina, che non solo è sbagliata in quanto tale, ma è soprattutto una minaccia alla sicurezza nazionale dei Paesi, dell’Occidente: si inserisce in un incandescente scontro di civiltà che solo il wokista più talebano può non vedere, perché favorisce il traffico di esseri umani.

Quindi: no redistribuzioni di immigrati da un Paese all’altro, sì a controllo, gestione e blindatura dei confini. L’accelerata trumpiana di Salvini è sacrosanta ed è un’ottima notizia.


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