“Prodi vicino al Kgb”: e a noi va bene così?

· 14 Febbraio 2025


Cari ascoltatori, un po’ dispiace intaccare il clima del Festival di Sanremo, ma stamattina in prima pagina del Giornale c’è una inquietante rivelazione che innesca una domanda impossibile da evitare, perché riguarda la vita democratica del nostro Paese, indipendentemente da come uno si colloca politicamente: “Prodi era vicino alla rete del Kgb, la voce ritorna nelle carte inglesi. In un documento desecretato l’ex agente Litvinenko riporta la confidenza di un alto ufficiale”.

Il Giornale riporta il contenuto di un documento desecretato dal governo britannico il 17 luglio 2018 scovato dalla giornalista Nicoletta Maggi. Alexandr Litvinenko, ex agente russo conosciuto alle cronache perché venne ucciso con il polonio, aveva già riferito che sue fonti all’interno del servizio segreto, prima sovietico e poi russo, gli avevano fatto questa confidenza. La differenza è che ora c’è qualcosa di scritto, due pagine in cui Litvinenko annotava: “Sono venuto a conoscenza del fatto che Romano Prodi, il presidente dell’Unione Europea, è una persona vicina al Kgb”. Cioè il servizio segreto prima sovietico, poi della Russia putiniana sulla quale le anime belle fingono di scandalizzarsi per i colloqui in atto fra Trump e Putin.

Litvinenko continua: la sua fonte “è un vicedirettore dell’Fsb con il quale ho mantenuto contatti segreti fino a oggi. Se l’Fsb scopre il mio contatto con lui, potrebbe essere ucciso come traditore”. Dalla ricostruzione risulta che l’ex agente stava preparando la sua fuga verso ovest perché era sgradito agli apparati di provenienza, per cui avrebbe chiesto a questo alto agente dei servizi russi un consiglio su dove scappare: “Io volevo andare in Italia perché mio fratello Maxim era andato in Italia, portando con se documenti dell’Fsb”, ma “quella persona mi ha detto di non andare per nessuna ragione in Italia e in Germania, perché c’erano molti agenti del Kgb al governo di quei Paesi. Citerò solo una nostra persona che attualmente è il presidente dell’Unione Europea e si chiama Romano Prodi».

Ovviamente, non ci sfugge che i servizi russi hanno sempre praticato la cosiddetta “disinformatia”: ma proprio per questo ora si dovrebbero spalancare le porte a un’attività d’indagine, a una ricognizione da cui ricavare una riposta attendibile. Quel che è drammatico è che invece nessuno si stia facendo domande su questo documento la cui fonte è Downing Street, il governo britannico, non un ciclostile in uno scantinato.

Ricordiamo che Romano Prodi è un politico che conta tantissimo: è stato due volte presidente del Consiglio della Repubblica italiana e una volta presidente dell’Unione europea, è una figura tuttora politicamente attiva (anzi, sta tessendo le fila del centro-sinistra italiano in direzione centrista, cattocomunista, insieme con Ernesto Maria Ruffini e Paolo Gentiloni) e lo si vede ogni settimana in tivù attaccare la premier: insomma è un catalizzatore importante, perfino un leader politico-ombra.

La domanda alla quale sarebbe normale cercare risposta, allora, è: uno dei personaggi attualmente più centrali del centro-sinistra italiano era sì o no vicino al Kgb? Se la risposta fosse sì vorrebbe dire che noi siamo stati governati a lungo, a Roma e a Bruxelles, da una persona vicina a un’articolazione di una potenza straniera totalitaria, e da qui si spalancherebbe una serie di altre domande sugli ultimi decenni di storia italiana e anche sulla situazione di oggi rispetto agli apparati russi o antioccidentali. Non si può non cogliere il peso di questo quesito, se solo si tiene davvero alla democrazia e non la si usa solo per fare retorica nei salotti televisivi.


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