Gli uomini liberi stanno con Israele

· 12 Febbraio 2025


Cari ascoltatori, c’era davvero bisogno di qualcosa come la visita di Matteo Salvini nello Stato di Israele, e questo vale a prescindere delle preferenze politiche: era necessario che un vicepremier del governo, un ministro importante, uno dei leader del centrodestra, facesse un viaggio che rendesse plastico, chiarissimo, il posizionamento dell’Italia rispetto al calderone mediorientale. Diciamo questo perché in questi giorni è esploso di nuovo il fulcro dell’incendio geopolitico contemporaneo, una cosa che si chiama scontro di civiltà: quella teorizzata dal politologo americano Samuel P. Huntington, che ci aveva avvisato, sul finire degli anni Novanta, che i conflitti mondiali a venire non sarebbero stati puramente ideologici né puramente economici, ma tra civiltà contrapposte.

La medesima cosa ha urlato Oriana Fallaci con tutta la forza che aveva, soprattutto dopo l’11 settembre: perché, dicevano entrambi, le civiltà a volte si escludono, sono incommensurabili. Non è scontato che i valori di una, esempio la dignità della persona, la sacralità della vita, la laicità delle istituzioni, siano condivisi da altre. Anzi, probabilmente questi valori appartengono a un’eccezione che si chiama Occidente.

In questi giorni questa realtà ha assunto le vesti brutali della cronaca: abbiamo visto lo scontro di civiltà nella restituzione reciproca degli ostaggi da parte di Hamas e dei prigionieri da parte di Israele. Le cose non stanno come le ha descritte per esempio Fabio Fazio, che nella sua trasmissione “Che tempo che fa” ha parlato di ostaggi israeliani e palestinesi mettendo sullo stesso piano i civili israeliani sequestrati a casaccio e seviziati e le persone detenute in Israele perché condannate per terrorismo. Abbiamo visto il circo mediatico nazi-islamico di Hamas trasformare questa restituzione – peraltro al momento interrotta – in uno show (in cui l’occidente casca puntualmente) tragico, perché abbiamo visto i loro volti scavati, i loro sguardi vuoti, i loro corpi rinsecchiti. Soprattutto noi, in Europa, avevamo detto mai più, che nessuno sarebbe più uscito da un luogo di orrenda prigionia scarnificato, ombra di se stesso solo perché è ebreo.

Invece sta succedendo. Quindi la visita di Salvini – che ha incontrato Benjamin Netanyahu, il presidente della Knesset Amir Ohana e il ministro suo omologo Miri Regev e altri esponenti del governo israeliano – va oltre la cronachetta politica, ha le vesti di una scelta di campo. Quella di cui abbiamo bisogno noi affezionati alla civiltà che, come abbiamo detto, probabilmente è una eccezione nella storia del mondo. Ed è una cosa che si nota anche dai primi commenti di Salvini, per il quale è stata “l’occasione per ribadire l’amicizia tra Italia e Israele; e ho anche confermato le mie perplessità rispetto alle recenti, indecenti decisioni della Corte Penale Internazionale”: cioè un graal dei progressisti nostrani, un consesso di espertoni del diritto che ha messo sullo stesso piano Netanyahu e i leader democratici israeliani (che in democrazia sono certamente passibili di critica) con i capi di Hamas, gli sgozzatori islamici, delle SS portate a oggi.

Ecco perché la visita di Salvini in Israele è stata molto più che formale: la nostra scelta di campo è chiara, è con la civiltà occidentale.


Opinione dei lettori

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *




Radio Libertà

Background