La sharia a scuola, proprio no
Giovanni Sallusti · 5 Febbraio 2025
Cari ascoltatori, la sharia a scuola nella Repubblica laica, democratica e liberale italiana? Proprio no. E invece pare che all’istituto professionale Sandro Pertini di Monfalcone ogni giorno si presentino a scuola alcune studentesse, appartenenti alla popolosa comunità bengalese locale, indossando il niqab, cioè il velo integrale, che lascia solo una fessura per gli occhi e impedisce il riconoscimento della persona: tant’è che ogni giorno, prima delle lezioni, queste ragazze vengono portate in una stanzetta appartata, dove un insegnante alza il velo e verifica che siano effettivamente loro.
Attenzione, perché questi contorcimenti procedurali sono contorcimenti valoriali, perché al di là delle questioni logistiche si innesca una catena di comportamenti: pare per esempio che quando queste ragazze fanno ginnastica possano giocare a badminton e non a pallavolo perché il niqab ostacola i movimenti e non permette loro di esercitare alcune attività fisiche; alcune di loro sarebbero dispensate dalla corsa perché svela troppo le forme; per altre si sta ponendo il problema dello stage previsto dal corso di studi, perché potrebbe svolgersi in asili comunali e lì, almeno in alcuni momenti, dovrebbero togliersi il velo integrale perché i genitori siano certi di consegnare i bambini alla persona corretta.
Insomma, la stortura è a monte: nella nostra civiltà, nella cultura europea occidentale la donna è un individuo libero sotto ogni punto di vista, lavorativo, familiare, economico, e soprattutto è un soggetto portatore di diritti, non un oggetto da celare; la sua testimonianza in tribunale vale quanto quella di un uomo e non la metà, ha gli stessi diritti finanziari e non è proprietà di un marito. Da questa trincea valoriale non si può smobilitare, men che meno a scuola, perché la scuola deve trasmettere non solo nozioni, ma anche il senso della nostra civiltà: per questo la tanto contestata legge proposta dalla Lega che vieta il velo integrale in pubblico è attualissima, perché nella nostra cultura non esiste alcun giustificato motivo perché ci si debba velare, anzi secondo le nostre leggi la persona deve essere riconoscibile, al netto di eccezioni razionali che la proposta della Lega prevede. Non solo, questa legge prevede anche il reato di costrizione all’occultamento del volto, con una pena fino a due anni di carcere, perché costringendo a occultare il volto a una giovane donna, la si costringe a negare se stessa e la sua identità. Alle nostre latitudini non si può fare, e soprattutto non si può fare a scuola.