Il guru green in rovina che non riesce a smettere
Giovanni Sallusti · 3 Febbraio 2025
Cari ascoltatori, Frans Timmermans ha davvero materializzato l’aforisma “errare è umano, perseverare è diabolico”. L’ex commissario straordinario europeo per il clima, uomo forte del green deal, non solo non è andato a nascondersi da qualche parte finché fosse passata la buriana della dettagliatissima inchiesta del quotidiano olandese Des Telegraaf, ma l’ha rinfocolata, l’ha rilanciata. Ha detto infatti, a margine del pre-summit del gruppo dei socialisti europei a Bruxelles: “Non ho visto nessuna prova di tutto quello che è stato detto, poi sono delle decisioni di cui non sapevo e in cui non ero coinvolto”. Uno scaricabarile a prescindere.
E ancora: “Dobbiamo essere chiari, questo è stato un attacco alla società civile che non è ben vista dalla destra”. Cioè l’ipotesi che la Commissione, di cui Timmermans era il riferimento rispetto al dossier in questione, finanziasse delle lobby green perché influenzassero il dibattito pubblico e soprattutto l’iniziativa legislativa all’Europarlamento, tutto questo a suo avviso è un attacco alla società civile che non piace alla destra. Ma qui non c’è in ballo la società civile, se non per il tentativo di farle trangugiare il fatto che il green deal fosse una necessità oggettiva e invece era il portato di interessi soggettivi.
Timmermans ha poi aggiunto: “Se vediamo tutto quello che sta facendo Trump è evidente che abbiamo bisogno della nostra energia: non possiamo tornare a una situazione in cui siamo dipendenti dai russi, e la sola maniera sono le rinnovabili perché un’altra energia non l’abbiamo”. Sui russi, benvenuto Timmermans, meglio tardi che mai: i governi europei sono stati la quintessenza del grande abbaglio geopolitico energetico, cioè dare le chiavi dell’Europa a Putin, pensando che questo non stuzzicasse l’istinto imperialista russo, e continuando a farsi difendere a scrocco dal contribuente americano. Sulle rinnovabili invece Frans dice una bugia: esiste infatti l’opzione praticata dagli Stati avanzati, cioè l’energia nucleare di ultima generazione, sicura, performante, pulita, che da sola garantirebbe una buona fetta di autonomia energetica. Poi si potrebbe abbandonare la follia di dismettere la produzione classica alimentata a carbonfossile, fonte energetica che la Cina e anche l’America di Trump stanno pensando di implementare ulteriormente.
La realtà, lo ripetiamo, è che il green è una scelta ideologica: la transizione non è motivata dall’ambiente o dal clima, ma per interessi molto più prosaici, altro che l’euroballa che serva alla nostra libertà. Sarebbe forse libertà la dismissione forzata di intere filiere produttive dell’industria principale europea, l’automotive? Lo sarebbe la ristrutturazione forzata di abitazioni, tendenzialmente delle classi popolari prive di risorse? Sarebbero per la nostra libertà decisioni così impattanti sulle vite concrete dei popoli europei? Davvero, stiamo esaurendo le parole per commentare le iniziative di questo signore.