I dazi di Trump sono la bussola di un mondo nuovo

· 1 Febbraio 2025


Cari ascoltatori, come prevedibile c’è grande scandalo oggi sui giornaloni, perché Donald Trump ha imposto i dazi del 25% a Messico e Canada, del 10% alla Cina, e ha annunciato che ne arriveranno anche per l’Unione Europea. Perché si stupiscono? Trump sta facendo quello che ha fatto nel suo primo mandato, che dovrebbe essere un termometro su cui regolarci tutti quanti: fa una promessa in campagna elettorale, viene eletto e la realizza.

Trump ha detto che i primi due Paesi sono responsabili dell’invasione dei migranti negli Stati Uniti perché non gestiscono i confini, in particolare la tratta di esseri umani dal Messico, e che la Cina è colpevole per la diffusione del fentanyl, che sta facendo strage nelle città americane al punto tale da essere considerabile anche una surrettizia arma geopolitica. Infine, ha minacciato dazi al 100% sui Paesi Brics, se creeranno una valuta loro o ne sosterranno una alternativa al dollaro, cioè se metteranno in discussione l’egemonia monetaria ed economica degli Usa.

Questo, come già sapevamo, nella visione del presidente, è il dazio: uno strumento di politica interna e internazionale al servizio della sua agenda “America first”, dell’interesse americano. Cioè l’essenza del fenomeno Trump.

Anche il messaggio all’Unione Europea ha un intento lampante. Trump ha detto: l’Europa ci ha trattati male, sicuramente imporrò dazi anche a lei. Però non li ha annunciati: è lo schema-Theodore Roosevelt, avere in mano un nodoso bastone accompagnato però con un sorriso. Trump ritiene che l’Europa abbia trattato male gli Usa perché la Ue specula su una bilancia commerciale a lei favorevole rispetto al mercato americano; e perché non soddisfa i criteri minimi di spesa per stare nella Nato, per cui l’Alleanza atlantica grava sui portafogli del contribuente americano, che non è contento.

È un’analisi realista. L’Italia che cosa può fare? Può fare molto se, come ha dimostrato in queste settimane, continua a cogliere questo cambio di paradigma. Trump ha inaugurato una stagione di negoziato bilaterale, ed è evidente che l’ottica anacronistica e iperburocratica del moloch Ue – con Ursula che si stizzisce e dice “allora vado in ginocchio dalla Cina e avanti con il green deal” – non porta da nessuna parte. L’Italia invece può giocarsi molto se mantiene l’asse preferenziale che ha instaurato con la Casa Bianca, se si presenta a trattare sul piano che Trump ha indicato, quello economico, portando al tavolo l’appeal italiano sui mercati americani, a partire dai nostri marchi.

La partita è questa, crediamo che il nostro governo lo sappia.


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