Il reato del centrodestra: non è di sinistra e governa
Giovanni Sallusti · 29 Gennaio 2025
Cari ascoltatori, un celebre massima di Agatha Christie dice che tre indizi fanno una prova, e allora noi stamane metteremo in fila tre indizi della cronaca politica, e la conclusione arriverà da sé.
Primo indizio, 22 novembre 1994: la Procura di Milano fa pervenire un invito a comparire al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi mentre presiede a Napoli un’importantissima conferenza internazionale sulla criminalità organizzata. L’iniziativa rientra nella cosiddetta inchiesta TelePiù, che riguarda la proprietà della pay-tv, la compatibilità di Fininvest con la legge Mammì e altri tecnicismi in ambito telecomunicazioni.
La notizia era stata anticipata il giorno prima dal Corriere della Sera, che chiaramente la ebbe da ambiti della Procura, manifestando quello che Giuliano Ferrara chiamava circo mediatico-giudiziario. Non solo: oltre un mese prima, il 5 ottobre 1994, il capo della Procura di Milano Francesco Saverio Borrelli aveva dichiarato, sempre al Corriere della Sera, che l’inchiesta che aveva già coinvolto Paolo Berlusconi era arrivata a livelli altissimi, alludendo a un’entrata a gamba tesa nelle dinamiche della politica. Cosa che avvenne, perché quell’invito a comparire fu un detonatore per il primo governo Berlusconi, imperdonabile perché a sorpresa aveva sbaragliato il fronte progressista. Quell’inchiesta non arrivò a provare reati concreti, ma fece concretamente cadere il governo.
Secondo indizio, estate del 2019: è la sarabanda Open Arms. Non è secondario che il ministro dell’Interno Matteo Salvini quell’estate si stia allontanando, per oggettiva incompatibilità valoriale, dall’esperienza del governo giallo-verde e che i 5Stelle stiano per andare a governare con il Pd: la tempistica politica è significativa perché è quella che muove certa magistratura. Accade quindi che la strategia dei porti chiusi, che fino a quel momento non era un problema, improvvisamente per la magistratura lo diventa. La nave ong Open Arms, che probabilmente si era data appuntamento in mezzo al Mediterraneo con coloro che gestivano il traffico di esseri umani, rifiuta di sbarcare a Malta sebbene invitata da La Valletta, rifiuta di sbarcare in Spagna di cui batte bandiera; e, contro ogni ovvietà geografica ed esigenza di sicurezza, punta l’Italia. La sarabanda giudiziaria scatta il 12 agosto, quando il Tribunale per i minori di Palermo ipotizza il reato di respingimento di minori, e il 20 agosto il capo della Procura di Agrigento Luigi Patronaggio sale a bordo della nave, agendo proprio da leader politico anti-Salvini, dispone lo sbarco e il sequestro della nave, e ipotizza il reato di abuso d’ufficio. Poi il fascicolo passa per competenza alla Procura di Palermo, scatta il cinema dell’autorizzazione a procedere e la follia del processo, che diventa per sequestro di persona e che alla fine di tutta questa graticola si sfracella contro la logica e il diritto.
Terzo indizio, queste ultime ore: la premier Giorgia Meloni, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano vengono indagati per favoreggiamento e peculato nel caso Almasri, seguendo l’esposto delirante di un avvocato ed ex sottosegretario con Romano Prodi: è un’altra entrata a gamba tesa della magistratura in territori che riguardano la sicurezza nazionale e probabilmente addirittura la ragione di Stato, visti gli interessi e anche la numerosa forza lavoro italiana presente in Libia. Dovremmo essere nell’ambito dell’autonomia della politica, ma nella Repubblica della magistratocrazia no, è una notizia di reato tale da indagare mezzo governo, premier compresa.
Ora, uniamo i tre indizi e formuliamo la nostra prova. Per certa magistratura, che per fortuna non è la maggioranza ma è una minoranza chiassosa che agisce da attore politico, esiste un reato ben preciso, non scritto nel Codice penale: il reato di non essere di sinistra e ciò nonostante permettersi di governare. Ecco perché è necessaria una riforma urgente della giustizia: una simile situazione non può essere contemplata nell’Occidente liberale.