Sinistra bocciata dalla Consulta: ora chieda scusa
Giuliano Zulin · 21 Gennaio 2025
In questa puntata della nostra rubrica “Regioniamoci sopra”, che si occupa dei temi legati all’autonomia differenziata, Giuliano Zulin ripercorre tutto il can can che la sinistra ha fatto la scorsa estate per promuovere il referendum contro la legge Calderoli, solo per arrivare a una sonora bocciatura da parte della Corte costituzionale, che ha ritenuto inammissibile il quesito.
Dopo una mobilitazione massiccia di tutte le forze di sinistra erano state raccolte 1.300.000 firme, depositate poi il 26 settembre, un risultato che tutti i promotori avevano pensato di festeggiare con foto e dichiarazioni trionfalistiche e aggressive nei confronti del centrodestra. Per esempio Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi Sinistra e portavoce nazionale di Europa Verde: “Presentiamo un milione di firme contro la legge sull’autonomia differenziata che spacca l’Italia in due, questo orribile mercimonio voluto da Giorgia Meloni, che ha barattato il premierato con la divisione dell’Italia vendendo il Sud alla Lega di Salvini. Noi invece vogliamo tutta un’Italia che non crea discriminazione sociale e che tutele l’ambiente. Nel Paese c’è aria di cambiamento, lo sentiamo nelle piazze” (poi corressero ulteriormente il tiro e, per non lasciare indietro nessuno, aggiunsero che l’autonomia avrebbe fatto male anche al nord).
Non diversamente avevano festeggiato il suo compare Nicola Fratoianni, il segretario della Cgil Maurizio Landini, il segretario di Più Europa Riccardo Maggi, la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, la segretaria del Pd Elly Schlein (che pure era assessore nella Giunta regionale dell’Emilia Romagna di Stefano Bonaccini, un convinto sostenitore dell’autonomia, almeno della prima ora) e il leader dei 5Stelle Giuseppe Conte, nonostante fosse stato proprio lui ad avviare le trattative per l’autonomia con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Ebbene, la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari: in pratica è stato scritto male. E se il quesito non è chiaro, come dice la Consulta, questo pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore. Ricordiamo che già nel caso dei ricorsi da parte delle regioni Sardegna, Campania, Toscana e Puglia che hanno portato al ritorno della legge Calderoli in Parlamento, il risultato è stato di 38 respinti e 14 accolti, di cui 7 già con le indicazioni di correzione, quindi ne restano solo 7 cui è necessario metter mano.
Ora, che cosa dirà la sinistra al milione e 300mila firmatari che le hanno creduto, dopo che la Consulta ha respinto il referendum perché è stato scritto male? Come minimo, dovranno chiedere scusa. È stato perso tempo, almeno otto mesi, e ora ne passeranno altri in cui tanti cittadini continueranno ad avere servizi scadenti: per fare un esempio, in molte regioni del sud Italia mancano le mense scolastiche, e senza l’introduzione di livelli essenziali di prestazione (i LEP), che giustamente vanno discussi e rivisti, questi servizi continueranno a non esserci.
Allora che cosa succede? Che i giovani vanno via, che chi deve curarsi migra in altre regioni, al nord: non è l’autonomia a creare disuguaglianze, lo fa invece la mancanza di autonomia, che crea un danno a tutti. Ci vengono in mente alcune parole del discorso di insediamento di Donald Trump: è l’ambizione che guida la crescita dell’America. Anche in Italia, dove una parte politica si muove solo per bloccare, occorre un po’ di ambizione: abbiamo perso 24 anni per non applicare la Costituzione nell’ambito dell’autonomia differenziata, ora vorremmo che in Parlamento ci fosse un’accelerazione, che si potesse dare veramente una scossa al sistema istituzionale e responsabilizzare gli amministratori locali, che sono i più vicini ai cittadini (e quindi tra l’altro sono soggetti a elezioni dirette), e conoscono meglio i problemi e le necessità del proprio territorio. Altrimenti le disuguaglianze aumenteranno, e non sarà certo colpa dell’autonomia.
Giorgio Marsiglio Di 2 Febbraio 2025 alle 11:07
ANCHE IL PARLAMENTO SI OCCUPI DEI LEP
Alla fine la Corte costituzionale ha deciso di non sottoporre al referendum popolare la legge n. 86 del 2024. Dopo la precedente decisione che lo aveva portato a valutare, modificare e orientare costituzionalmente l’autonomia differenziata come disciplinata dal voto parlamentare, il Giudice delle leggi ha ora ritenuto non possibile sottoporla al voto popolare a causa della non chiarezza di oggetto e finalità del quesito referendario.
Va ricordato che questa legge prevede anche la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali, per cercare di garantire un adeguato livello di servizi e prestazioni alla popolazione in ogni parte d’Italia, in particolare a quella fragile.
Anche se il venir meno del referendum dovrebbe ora dare ulteriore slancio alle forze politiche di maggioranza nella determinazione dei LEP, temo ora due cose: 1) che il Governo sia tentato di determinare solo quei livelli attualmente finanziabili dallo Stato, con il pericolo niente affatto ipotetico che i rimanenti LEP vengano dimenticati; 2) che le forze di opposizione, invece, concentrino i propri sforzi nel solo contrasto alle specifiche richieste di autonomia presentate da alcune Regioni, facendo però mancare sui LEP sia le proprie critiche che le proposte, quanto mai necessarie per un argomento così importante.
Tutte le forze parlamentari inizino allora una autonoma valutazione per presentare proprie proposte di legge per una normativa organica dei LEP, ad integrazione del lavoro sinora svolto dall’Esecutivo con il Comitato di esperti e la Segreteria tecnica che li ha affiancati.
A tale scopo le forze parlamentari potrebbero utilmente coinvolgere docenti universitari ed esperti altrettanto validi, ma con un aiuto al quale l’attuale Governo forse non aveva pensato: quello dei soggetti della società civile quali associazioni di volontariato, sindacati, organizzazioni di categoria, confessioni religiose, partiti non rappresentati in Parlamento ed altro ancora.
Sono questi i portatori di interessi da coinvolgere in un lungo e complesso, ma certamente fecondo percorso di democrazia partecipativa mediante strumenti quali quello delle consultazioni pubbliche preventive; lo faccia allora il Parlamento, dimostrando forza e fantasia per volare in alto con lo sguardo dello Statista rivolto alle future generazioni.