Ha vinto Trump. E adesso cercano di nasconderlo

· 16 Gennaio 2025


Cari ascoltatori, vorrei proporvi un esperimento di psicologia del giornalismo (cioè della propaganda), leggendo i titoli sui quotidiani di questa mattina sull’accordo raggiunto in Medio Oriente tra Israele e la banda terrorista di Hamas. C’è infatti, nei giornaloni, una parolina mancante o ben nascosta, o scientemente fraintesa: Donald Trump. È significativo perché Trump rappresenta l’elemento nuovo che ha mosso lo scenario mediorientale che ha permesso di arrivare a questa tregua.

Vediamo qualche titolo. Corriere della sera: “Hamas-Israele, è tregua – Da domenica il cessato è il fuoco, festeggiamenti a Gaza. Biden: Uno dei negoziati più difficili in carriera – Sì dei palestinesi all’intesa. Trump dà l’annuncio per primo: merito mio. I calcoli di Netanyahu”. Abbiamo già qui tutta la tendenza della stampa italiana infastidita da Trump: in primo piano Biden, che mesi fa i dem avevano definito incapace di intendere e di volere, tant’è che l’hanno sfilato dalla corsa alla Casa Bianca; poi in luce la grande volontà di pace dei palestinesi; infine Trump, indicato come una specie di abusivo che cerca di intestarsi il merito della trattativa.

Su Repubblica le cose non vanno diversamente: in più, Hamas esulta, l’annuncio viene attribuito al premier del Qatar, Hamad Al Thani, e Trump di nuovo è l’imbucato che cerca di fare il re della festa. Su La Stampa, di nuovo titoloni, poi il faro viene puntato sul nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani, che, con tutto il rispetto, mettere davanti a Trump nelle priorità nei titoli suona un po’ farlocco. Trump finisce come sopra: “Per Biden è il risultato di un lavoro fatto insieme a Trump, che però sottolinea: è tutto merito mio”. In compenso la parolina magica compare in un commento che parla d’altro, ovviamente in negativo, come se Trump nell’accordo non c’entrasse: “Il mondo intero alla corte di Trump. Donald II spaventa solo gli europei – Il sondaggio: l’80% dei cittadini europei pensa che la sua vita peggiorerà”: gli illuminati europei sono spaventati dal ritorno del puzzone.

Il Messaggero tiene la parolina magica ben sottoutilizzata in un titolo minore: “Tra Biden e Trump la corsa a intestarsi annuncio e meriti”, mettendo sullo stesso piano l’uomo che ha sbloccato la situazione e quello incapace di intendere di volere. Il Domani sceglie di dare nuove colpe a Netanyahu: “La strana scelta di Netanyahu. Una pace fragile arrivata tardi”. Trump è emarginato in postilla nell’occhiello: “Trump: merito mio. Biden: mesi di trattative”.

Ora, se si è onesti è impossibile negare che è stato Trump a sbloccare la situazione. Hamas per mesi ha scientemente sabotato qualunque ipotesi di accordo, anche quando è stata presentata dagli emiri del Qatar o dall’Egitto, facendo sempre a Israele richieste assurde che implicavano il ripristino delle condizioni perché si avverasse un nuovo 7 ottobre. Questa volta è andata diversamente, guarda caso a pochi giorni dall’insediamento di Trump alla casa Bianca e dopo che aveva dichiarato: “Devono fare l’accordo, se non lo fanno ci saranno un sacco di guai là fuori, come non hanno mai visto prima”. È chiaro che le canaglie di Hamas sono molto più lucide delle cancellerie europee perbeniste. Hamas sa che le sparate da cowboy rappresentano un preciso e realista messaggio politico, sa che quando Trump evoca la deterrenza americana e l’uso della forza americana in caso vengano calpestati gli interessi suoi e dei suoi alleati, è credibile: non hanno dimenticato che Trump è quello che ha eliminato il generale Soleimani con un missile sulla sua auto in un aeroporto di Baghdad.

Non solo: il segretario di Stato uscente Antony Blinken per la prima volta ha parlato di allargamento degli accordi di Abramo all’Arabia Saudita, un’altra politica trumpiana sul Medio Oriente, lo scongelamento definitivo dell’asse tra Israele e i Paesi sunniti del Golfo, l’emarginazione della teocrazia iraniana e del suo asse del terrore. Hamas, ampiamente indebolito da Israele, ha accettato l’accordo per ragioni di forza: tant’è che, altra cosa che oggi i giornaloni omettono, Trump ha ricordato “continueremo a lavorare a stretto contatto con Israele e i nostri alleati per garantire che Gaza non diventi mai più un rifugio sicuro per i terroristi”. Questo è lo schema di Donald Trump, quello che stamattina è citato in un occhiello o in un sommarietto, mentre se i giornali fossero onesti sarebbe il nome nei titoli scritto più in grande.


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