Lepore in ginocchio dai devastatori di Bologna
Giovanni Sallusti · 14 Gennaio 2025
Cari ascoltatori, il sindaco di Bologna Matteo Lepore, quello della città a 30 km all’ora per sentire il canto degli uccellini e del divieto di barbecue per combattere l’inquinamento, ha aggiornato il concetto di surrealismo amministrativo: dopo che la sua città è stata saccheggiata e le forze dell’ordine sono state assaltate dalle squadracce antagoniste, le sue esternazioni hanno rivelato una concezione tragica del rapporto tra amministrazione e cittadinanza e di come certa cultura di sinistra approccia la sicurezza urbana. Come è raccontato oggi su Libero, Lepore ha invitato in Comune i violenti che hanno messo a soqquadro Bologna per confrontarsi con loro.
Lepore ha precisato che il suo invito non è rivolto agli anarchici o ai collettivi habitué degli scontri (riconoscendo dunque che esistono) – non sappiamo se tra essi ci sia anche il centro sociale Labas cui lui diede uno spazio pubblico per festeggiare la morte di Silvio Berlusconi – ma agli studenti, soprattutto gli stranieri di seconda generazione nati in Italia. È una distinzione strana, e sembra che Lepore non sia a conoscenza del fenomeno di saldatura fra il mondo antagonista della sinistra radicale e le seconde generazioni di stranieri radicalizzati, tendenzialmente nordafricani e di cultura islamica, che odiano il Paese che li ospita, come si è visto in piazza Duomo a Milano a Capodanno e come succede da anni in Francia. Si chiama islamo-gauchismo. Ma Lepore ha difficoltà ad ammettere che non tutti gli stranieri sono degli specchiati cittadini, perché la retorica di sinistra non glielo concede.
Così, il sindaco ha detto: “Nei prossimi giorni ci sarà un invito da parte nostra per venire a Palazzo d’Accursio e incontrarci: penso sia importante parlarsi per capire che cosa si vuole fare in questa città. Abbiamo iniziato il nostro mandato affrontando il tema con l’impostazione dello ius soli. Credo che questa questione sia molto rilevante: riguarda i ragazzi che hanno famiglie di origine straniera come gli italiani, perché il mondo giovanile è tirato da tutte le parti. Le nostre piazze sono piene di manifestazioni dove si usano parole forti per provare a convincere i più giovani ad aderire a cause che si ritengono giuste, noi dobbiamo impegnarci per costruire con loro un dialogo costruttivo”.
In pratica il sindaco vuole dialogare con chi ha devastato la sua città, perché in mezzo alle squadracce antagoniste c’erano anche i giovani di seconda generazione; poi evoca lo ius soli, vale a dire una scorciatoia per dare cittadinanza anche a quelli che il nostro Paese lo odiano, che non sentono appartenenza, che assaltano le forze dell’ordine; poi evoca un dialogo costruttivo mentre è chiaro che qualunque bolognese con due neuroni, davanti a vetrine distrutte, auto incendiate, pietre contro la polizia, il dialogo con costoro non lo vuole: vuole piuttosto che siano messi in condizioni di non nuocere, mica che discutano con il sindaco del futuro della città in una sala del Comune.
Ma Lepore questo contesto non lo coglie: “C’è stata una commistione molto forte fra ragazzi di origine straniera, italiani, universitari, realtà più antagoniste: questo scenario preoccupa. Credo che dobbiamo confrontarci, trovare una strada comune, perché non basta solo la repressione: a forza di fare il volto scuro si finisce per essere deturpati, non risolvere i problemi”.
Il sindaco dice di preoccuparsi dello “scenario”, ma poi si preoccupa di più di trovare “una strada comune”: è il refrain della cultura buonista di sinistra che rifiuta l’abc della società liberale, cioè che la convivenza va preservata e quindi, quando la legge viene platealmente calpestata e la sicurezza delle persone viene messa in crisi, la repressione è una condizione necessaria perché lo Stato civile venga ripristinato.
L’ultima perla di Lepore è la critica ai social, che “non sono più strumenti a sé stanti, non sono dei luoghi del libero pensiero. Noi abbiamo il compito di prendere le distanze da quel modo di gestire la realtà e la verità”. Traducendo: finché finché l’agorà social censurava con i suoi algoritmi i contenuti in nome delle ideologie care a Lepore e sosteneva politiche care a Lepore, era la nuova frontiera della democrazia; invece ora che alcuni big del settore come Elon Musk, e adesso anche Mark Zuckerberg, hanno rotto questa cappa politicamente corretta, i social non sono più luoghi del libero pensiero.
È il solito stravolgimento della logica e della realtà: questa volta si è spinto fino all’assurdità di un sindaco che invita alcuni di coloro che gli hanno devastato la città per confrontarsi sul futuro della medesima città. Quando ritorneranno sulla terra, sarà sempre troppo tardi.