La banalità di “M.”: il duce come il joker

· 12 Gennaio 2025


In questa puntata di “Alta tiratura”, Alessandro Gnocchi racconta lo scrittore giapponese Yukio Mishima a cento anni dalla morte e la pubblicazione di una traduzione dal giapponese – e non dall’inglese come in passato –  del suo romanzo “Confessioni di una maschera” (Feltrinelli, 190 pagine, 20 euro); e presenta il libro di Michele Dessì e Andrea Indini “Liberi di parlare. Glossario contro il politicamente corretto” (Historica edizioni, 188 pagine, 16 euro), uno spunto di riflessione sulla libertà non solo di parlare, ma anche di pensare in questi anni in cui domina l’ideologia woke.

Gnocchi commenta anche la messa in onda su Sky della (molto pubblicizzata) serie tivù di “M. – Il figlio del secolo” tratta dalla trilogia (cui si aggiungerà un quarto volume) di Antonio Scurati.

Mussolini è interpretato come un cattivo, ma non appare come un villain di Shakespeare, piuttosto sembra quello dei fumetti Marvel: un duce simile al Joker o al Pinguino, e infatti anche la recitazione di Luca Marinelli risulta scadente perché cade sempre nel macchiettistico, nel fumetto, e quindi nel grottesco. Per non dire del fatto che l’attore ha detto di aver affrontato una gravissima crisi di coscienza perché è antifascista: ma se era tal punto turbato avrebbe potuto rifiutare l’incarico.

Si ha l’impressione che guardando M. non succederà niente, nessuno verrà spinto verso il fascismo né verso l’antifascismo, e gli indecisi che Renzo De Felice definiva “la zona grigia” non cambieranno colore. È un prodotto, una merce tra le merci, è un prodotto televisivo il cui scopo è l’indice d’ascolto. Eppure viene venduto come opera di impegno civile, e anche questa è una strategia pubblicitaria: fare finta che l’Italia sia in piena dittatura fascista, promuovere la serie con qualche frecciatina al governo e alla Rai e sperare che qualcuno abbocchi e ci faccia sopra una bella polemica.

E questo perché M. non ha le carte in regola per proporre una nuova visione del fascismo, o una revisione: è semplicemente un’opera di intrattenimento e forse è questo che fa pensare: l’antifascismo e il fascismo sono merce nel supermercato della cultura di massa, quindi ha perso ogni aura. Inoltre è venduto come accuratissimo, documentatissimo, ma ci sono criticità anche qui: tutti i gerarchi sono presentati ad esempio come stolti sanguinari, ma sappiamo che non tutti erano così: Dino Grandi era un raffinato diplomatico, anche se aveva origini contadine; Italo Balbo non è stato solo un manganellatore ma anche un grande aviatore. La complessità delle personalità viene ridotta alla macchietta, lo stesso Marinelli dà un’interpretazione di Mussolini che spesso ricorda la caricatura del fascista, l’ex gerarca Ermanno Catenacci interpretato da Giorgio Bracardi.

Ci sono molti altri errori e leggerezze, ma non è questo a essere importante: lo invece sottolineare che non è un’opera di impegno civile, ma un prodotto di intrattenimento che va per la sua strada, cioè una corsia del supermercato della cultura di massa, come tutte le altre serie tivù.


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