Cecilia libera: la Caporetto dei tromboni

· 8 Gennaio 2025


Cari ascoltatori, la liberazione di Cecilia Sala, che è da poco atterrata all’aeroporto di Ciampino, è senz’altro e anzitutto un’ottima notizia per l’Italia e per chiunque senta di appartenere al mondo libero. Ed è anche una disfatta colossale di un certo mainstream: ripescate su YouTube o nei podcast la puntata di ieri sera di “Di martedì” condotto da Giovanni Floris, e vi accorgerete che sembra di colpo invecchiata di dieci anni, perché due ospiti abituali di quel salotto ci hanno regalato una previsione sulla quale la mattina seguente si sono sfracellati. Corrado Augias, con il sopracciò tipico della casa, ha dichiarato: “Il viaggio di Meloni da Trump? Un’ammazzata poco utile: due delle cinque ore sono state occupate dalla visione di un documentario, poi più di tre ore di colloquio a capo del quale non mi pare… e poi di nuovo sull’aereo”. E invece poche ore dopo Cecilia Sala è stata liberata, palesemente grazie all’iniziativa diplomatica del nostro governo e della premier, proprio quella visita a casa Trump.

Un sopracciò diverso da quello radical-felpato di Augias è stato quello esibito da Michele Santoro, che preferisce i toni da tribuno del popolo: “Non la facciamo rientrare, questa è una colpa grave del governo! Adesso c’è il silenzio stampa, quindi non possiamo neanche parlare delle nefandezze che compiono”. Ora che il silenzio stampa non c’è più perché Cecilia Sala è libera, chissà se Santoro romperà il suo, di silenzi, e chiederà scusa per queste parole infuocate smentite dalla realtà. Sono solo due esempi, ma sono clamorosi e andati in onda uno dietro l’altro, per cui danno l’idea dell’imbarazzante cagnara che si è levata da sinistra.

Passiamo a Matteo Renzi, ex politico e oggi intrattenitore, che chiedeva: dov’è Meloni sul caso Cecilia Sala? Era a risolverlo, mentre lui va in tivù o twitta qualcosa. Anche Elly Schlein aveva incalzato scompostamente e pretestuosamente il governo; e ora la verità è che tutti questi signori sono in fila a rosicare, perché devono registrare i fatti e ringraziare per un chiaro successo dell’esecutivo di centrodestra e della premier Meloni, arrivato anche grazie alla compattezza e il coordinamento comunicativo (e non-comunicativo quando serviva) che ha dimostrato: si è parlato solo quando si doveva parlare e i partiti hanno fatto quadrato.

La ciliegina finale è che tutti questi signori devono ringraziare anche il loro incubo peggiore, cioè Donald Trump, perché è evidente che la liberazione di Cecilia Sala è il risultato di un prisma dalle mille facce dove ogni pezzo doveva andare al posto giusto. E senz’altro la chiave è stata in quell’incontro a Mar-a-Lago, che è avvenuto perché il nostro governo doveva condividere tutti gli aspetti del dossier, sciogliere un nodo che coinvolgeva anche l’alleato americano, dal momento che il regime degli ayatollah stava esplicitamente mercanteggiando su Cecilia e sull’ingegnere iraniano Mohammad Abedini detenuto nel carcere di Opera (poco importa che in queste ore abbiano fatto finta che i casi non fossero legati).

E questo non perché siamo sudditi o vassalli, ma perché siamo in un sistema internazionale di alleanze, siamo nella Nato, siamo dalla parte del mondo libero e ne raccogliamo anche i frutti: era un passaggio necessario ed è stato fatto. Non sappiamo ancora quale sia l’eventuale contropartita o su quale tema specifico abbiamo ottenuto il placet da Trump, se sull’ingegnere o su altro: comunque la somma è che lor signori devono ringraziare anche lui, il loro incubo. Cecilia Sala è a casa, è una grande vittoria, e per costoro una disfatta.


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