Eccolo, il mainstream: su Cecilia la colpa è degli Usa!

· 2 Gennaio 2025


Cari ascoltatori, dobbiamo rilevare che, mentre il governo italiano si sta certamente muovendo con la discrezione e l’efficacia tipica della nostra scuola diplomatica, i due caratteri che invece dominano nel dibattito sull’angoscioso caso di Cecilia Sala sono la meraviglia e l’ipocrisia.

La prima, la meraviglia, riguarda come è trattata la nostra connazionale nel carcere di Evin, un posto terribile destinato dal regime degli ayatollah alla repressione del dissenso politico, in cui vengono sistematicamente violati diritti umani. Stando a quanto ha lei stessa raccontato nelle poche telefonate che è riuscita a fare, non si trova certo dentro un sistema carcerario ispirato allo Stato di diritto e all’opera di Cesare Beccaria: non ha un letto, ha una coperta su cui sdraiarsi e un’altra in cui avvolgersi per contrastare il freddo terribile che si patisce in quella galera, le hanno sequestrato gli occhiali, tengono accesa 24 ore al giorno una lampada al neon, cioè una forma di tortura, da mangiare le danno qualche dattero attraverso un pertugio senza neanche mostrarsi, e non le hanno consegnato il pacco di aiuti inviato dal nostro governo. È inaccettabile, ma non può meravigliare che tutto questo accada alla nostra connazionale, e non è neanche il peggio, se si pensa che cosa succede in media alle detenute di Evin, le ragazze iraniane il cui dissenso viene represso a furia di botte e abusi.

E poi l’ipocrisia: Cecilia Sala, come gli ayatollah non si premurano neanche di mascherare, è detenuta come merce di scambio (nel silenzio delle femministe nostrane) rispetto a Mohammad Abedini Najafabadi, svizzero-iraniano chiamato “l’ingegnere dei droni”, che attualmente è nel carcere di Opera in esecuzione di un mandato di cattura emesso dalle autorità americane, perché accusato di cospirazione e supporto alle organizzazioni terroristiche. Secondo gli Stati Uniti sovrintenderebbe alla produzione di una serie di droni destinati all’asse del terrore manovrato da Teheran, Hezbollah, Houti, Hamas.

Insomma, il dibattito sta deviando in questa direzione: che cosa vogliono gli americani? Il nostro governo privilegia l’alleanza con gli Stati Uniti o una cittadina italiana? In pratica, si sta andando verso un’inversione logica: sembra che la colpa dell’attuale impasse venga addebitata a Washington, non al regime iraniano. Tra l’altro, ricordiamo che i droni che gli Usa ritengono siano fabbricati con una importante responsabilità di questo signore, hanno probabilmente ucciso militari americani della coalizione occidentale in Medio Oriente e colpito civili israeliani durante le tante offensive dell’asse del terrore; e sono tuttora una minaccia, anche per il personale militare e civile italiano.

Va mantenuto ben chiaro, quindi, che il problema non è lo Zio Sam, ma il regime teocratico che ha rapito la nostra connazionale. Purtroppo gli ayatollah sanno che il nostro dibattito è schizofrenico, che il nostro mainstream non vede l’ora di dare sfogo all’anti-americanismo, e così l’ambasciata iraniana in Italia ha emesso una nota che ha tutta l’aria di prenderci in giro: “Sin dai primi momenti dell’arresto della signora Sala, secondo l’approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, sono state fornite tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari e ci si aspetta dal governo italiano, che reciprocamente oltre ad accelerare la liberazione del cittadino iraniano detenuto vengano fornite le necessarie agevolazioni assistenziali di cui ha bisogno”.

Intanto, la contraddizione è che o hanno agito o secondo l’approccio islamico o sulla base di considerazioni umanitarie, perché ci pare che la sharia alle “considerazioni umanitarie” non lasci tantissimo spazio. Quanto alle agevolazioni, consistono nel dormire per terra e non avere gli occhiali: e i cambio di tutto questo, praticamente irridendoci, ci sollecitano a trattare con benevolenza l’ingegnere detenuto, ribaltando la situazione in modo proprio esplicito. E lo fanno perché conoscono il nostro tic culturale, per cui siamo sempre pronti a dare la colpa a noi stessi, al nostro mondo, al sistema di alleanze in cui siamo inseriti. Allora ripetiamo e teniamo bene a mente: la colpa di quello che sta accadendo ha un nome e un cognome, Repubblica islamica dell’Iran.


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