Giù le tasse: come può non essere una buona manovra?

· 27 Dicembre 2024


Cari ascoltatori, neanche il tempo di riprenderci dai fasti del cenone e, come ogni fine anno, piombiamo a capofitto nella manovra finanziaria, che oggi torna in Commissione bilancio al Senato. Domani potrebbe essere definitivamente approvata con il voto di fiducia (fra incomprensibili polemiche da parte di chi ne ha sempre abusato ampiamente), perché alla fine dei movimenti fisiologici della democrazia – emendamenti, proroghe, interessi particolari, ostruzionismo dell’opposizione – una sintesi va trovata.

Ebbene, la manovra che si annuncia non è ancora la rivoluzione fiscale che ci aspettiamo e che si aspetta gran parte degli elettori di centrodestra, ma è un’ottima notizia perché è all’insegna del meno tasse, al di là dei dettagli di cronaca sul tale bonus o sulla talaltra detrazione.

Questa manovra ha tre assi portanti sui quali giudicare la politica economica del governo. Il primo è un valore di 30 miliardi di euro, due terzi dei quali dedicati a rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 40 mila euro, una riduzione permanente e quindi un aumento della busta paga per i ceti medio-bassi. È un’ottima notizia perché nelle varie campagne elettorali degli ultimi decenni tutti si sono riempiti la bocca con il taglio del cuneo fiscale, e questo governo di centro-destra lo ha realizzato.

Il secondo è l’Ires premiale, uno sconto del 4% per le imprese che reinvestono utili in nuove assunzioni a tempo indeterminato: è una riduzione di tasse che premia chi reinveste dividendi nell’azienda e crea posti di lavoro, cioè chi sta sul terreno dell’economia reale, con buona pace delle ricette socialiste del Novecento, tutte fallite.

Infine c’è un terzo versante, cui è particolarmente affezionata la Lega: l’estensione della flat tax ai lavoratori dipendenti fino a 35 mila euro, che smentisce il teorema di sinistra per cui il centro-destra guarda solo agli autonomi, i quali peraltro sarebbero semplicemente degli evasori, cosa ovviamente non vera.

È su questi tre assi portanti della manovra che si dovrà dare un giudizio, non sui codicilli o i sottocommi. È vero che non è ancora la rivoluzione fiscale reganiana, e non lo è anche per una questione di contesto, fra l’altro parola molto sbandierata a sinistra che però in questo caso viene rimossa: la presenza di due guerre, una nel cuore dell’Europa e una in Medio Oriente, che hanno riflessi drammatici sull’economia, sulle materie prime, sulle questioni energetiche. In questo contesto, siamo comunque in presenza di una manovra che prevede un taglio delle tasse, soprattutto per chi guadagna di meno. E dopo essere stati abituati per molti anni al saccheggio degli italiani per distribuire fondi a pioggia e gestire voti di scambio, è un’ottima notizia.


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