Cecilia libera. In nome della libertà di Oriana

· 27 Dicembre 2024


Cari ascoltatori, mai come stasera è importante la parola libertà: Cecilia Sala, giornalista per Chora Media e per il Foglio, è stata arrestata a Teheran e si trova nel carcere di Evin, quello dedicato a reprimere il dissenso politico, il teatro di una sistematica violazione dei diritti umani, uno dei luoghi più famigerati di quell’orrore che è diventata la grande civiltà persiana sotto il giogo teocratico degli ayatollah.

Cecilia Sala è stata arrestata il 19 dicembre, ha parlato telefonicamente con la sua famiglia, con il suo compagno e con un giornalista del posto. Ha detto di stare bene e di non essere ferita, anche se si è avuta l’impressione che leggesse un testo predisposto. Sono in corso tutte le iniziative diplomatiche e politiche per riportarla a casa e, per una volta, intorno a questo caso si è creata un’unanimità buona, importante, sui social e nel dibattito: Cecilia libera, subito.

Per capire che cosa sta succedendo, è il caso di ricordare “libera” da che cosa: dall’orrore del totalitarismo islamista degli ayatollah, così come se fosse prigioniera di un regime fascista diremmo libera dal fascismo o, in caso di un regime comunista, libera dal comunismo. Lo dobbiamo sottolineare perché questo aggettivo, islamico, nelle cronache risulta sfumato, mentre è un elemento centrale per decrittare quel che è successo: in una repubblica islamica esercitare la libertà d’espressione, il giornalismo investigativo o un’altra attività lavorativa indipendente è un problema. Quando il regime nacque le parole dell’ayatollah Khomeini furono chiarissime: “non una repubblica democratica: non usate la parola democratica per descriverla, questo è lo stile occidentale”, cioè la rivoluzione islamista nasce programmaticamente contro lo stile occidentale, contro la libertà.

Noi non condividiamo sempre quello che scrive la collega, ma a maggior ragione ci auguriamo che torni libera al più presto: tifiamo per la sua libertà perché questo è lo stile occidentale contro cui è sorta quella repubblica islamica di cui lei è oggi prigioniera. È uno scontro di civiltà, e per ricordarlo a coloro che se lo sono dimenticati o non l’hanno mai chiarito, dobbiamo appenderci alle parole di Oriana Fallaci, alla sua intervista all’ayatollah Khomeini, uno di fronte all’altra. A un certo punto la Fallaci chiese conto a Khomeini dell’imposizione del chador, una prigione per le donne libere e lui, sorpreso, le disse “tutto questo non la riguarda, i nostri costumi non riguardano voi occidentali, se la veste islamica non le piace non è obbligata a portarla, il chador è per le donne giovani e per bene”.

Oriana rispose “benissimo mi tolgo subito questo stupido cencio medievale” e si tolse il velo, con un grandioso atto di diversità culturale. Rileggiamo quell’intervista per capire la posta in gioco: la dedichiamo a Cecilia Sala che vogliamo torni libera, ma ricordiamo anche che oggi è prigioniera perché in quella repubblica islamica non esiste la nozione di libertà. Non è un dettaglio, è un fatto che non può sparire dal dibattito in nome dei buoni sentimenti: sono unanimi e lodevoli, ma lasciati da soli, senza una ragione di quel che sta succedendo, suonano anche un po’ ipocriti.


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