L’Italia è ancora Occidente? Lo vedremo con Open arms
Giovanni Sallusti · 16 Dicembre 2024
Cari ascoltatori, tra quattro giorni scopriremo se l’Italia è ancora una democrazia liberale, se è ancora inserita nel cosmo dei valori e dei riferimenti del mondo occidentale. Non stiamo drammatizzando: il 20 dicembre avremo la sentenza di quell’abominio giuridico, logico, politico che è il processo Open arms a Matteo Salvini, un’operazione che davvero rischia di collocare l’Italia fuori dai canoni minimi di una democrazia liberale.
Ci rifiutiamo di cadere nel tranello di trattare l’accusa folle di sequestro di persona come una vicenda puramente tecnico-giuridica. Non è così: basti ricordare che poco dopo i fatti rimproverati a Salvini, il nuovo ministro dell’Interno del governo giallorosso Luciana Lamorgese tenne in mare imbarcazioni con a bordo dei migranti più giorni di quelli in ballo nel processo Open arms, e nessuno si è sognato di metterla alla sbarra; e noi, pur politicamente lontanissimi da lei, ne siamo felici.
Questa follia va oltre Salvini in sé: è mettere alla sbarra un politico accusandolo di aver perseguito una linea sull’immigrazione, in pratica costringerlo a rispondere di un reato politico. Questa cosa può capitare a Teheran o a Pechino, non in una democrazia, questo è il punto. Per non dire delle richieste del pm, sei anni, che non vengono irrogati neppure a uno stupratore.
Ora, una politica come quella dei porti chiusi può turbare le anime belle, può essere criticata e contrastata anche duramente, ma non può diventare un reato, perché era una linea politica che aveva incontrato il gradimento degli elettori che si erano espressi in libere elezioni, ed era stata attuata da Matteo Salvini in accordo con l’intero governo gialloverde. Salvo poi vedere una fila di ministri grillini, o ex, essere colpiti in tribunale da amnesia su quanto se ne erano bullati: pensate a Toininelli, quando diceva che senza di loro Salvini non poteva fare niente.
Abbandonando i cascami di questa sottocommedia, la sintesi è la seguente: nel mondo libero un politico, anche il più sgradito, il più lontano da voi, non può rispondere in un’aula di tribunale degli atti di governo basati sul consenso popolare ottenuto alle urne; peggio ancora se poi sono stati ripetuti da altri ministri dopo di lui (e senza che succedesse niente); e anche di più, quando l’evidenza che l’immigrazione incontrollata non va subita ma va gestita è diventata l’alfabeto comune delle leadership europee indifferentemente di destra e di sinistra. È quel che ha fatto Olaf Scholz in Germania, che ha sospeso Schengen, è quel che fa la Francia da anni a Ventimiglia, è quel che ha dichiarato Kier Starmer, premier laburista del Regno Unito, e così la premier danese Mette Frederiksen, che è di centrosinistra. Tutti controllano i confini, e questo ha fatto, con efficacia, Matteo Salvini: non è un reato, piuttosto è un merito politico.