Addio Ue franco-tedesca. È l’ora del “modello Italia”?
Giovanni Sallusti · 16 Dicembre 2024
Cari ascoltatori, è ufficiale che la locomotiva europea franco-tedesca non c’è più, e con essa il suo granitico asse dominante sul continente, la sua logica e le sue parole d’ordine. È una crisi profonda di cui non c’è da gioire che ha ripercussioni anche su di noi, per l’entità delle due economie in questione. Però può essere anche una crisi creativa, può aprire tempi interessanti.
Oggi il premier tedesco Olaf Scholz ha perso la fiducia del Bundestag e quindi si andrà a elezioni anticipate a febbraio. Hanno votato contro Scholz 394 deputati e a favore solo 207. I liberali dell’Fdp hanno tolto il consenso al governo di “coalizione semaforo”, cioè tra i liberali, i verdi e i socialdemocratici di Scholz. Molto interessante è stato l’intervento del ministro dell’Economia tedesco, il verde Robert Habeck (però non pensate a Bonelli, ai verdi italiani, che come diceva Andreotti sono come i cocomeri, verdi fuori ma rossi dentro).
Habeck è un verde ma ha una sua lucidità, per esempio si è espresso a favore del mantenimento delle centrali a carbone, non è un masochista; ha ricordato in Parlamento che la Germania non registra alcuna crescita dal 2018 e ha definito un grosso errore affidarsi all’energia russa. Ha anche detto che l’Unione europea ha valutato male la situazione geopolitica e ha sostenuto la Cina. In pratica ha stroncato il baricentro della politica Merkel, la geopolitica del tubo, di ammansire l’orso russo dandogli le chiavi energetiche del continente, così come ha giudicato un fallimento il doppio binario per cui ci si faceva difendere dagli americani mentre si facevano gli interessi commerciali della Cina: tutto il sistema di Angela Merkel è naufragato, con buona pace dei nostri salotti televisivi in cui viene ancora celebrata come fosse stata una leader illuminata.
Gli indici economici tedeschi sono inquietanti: l’attività commerciale è scesa per il sesto mese consecutivo nel settore privato, il manifatturiero rimane in recessione, l’automotive è sull’orlo dell’abisso, con stabilimenti chiusi e operai che si rivoltano contro il green deal, baluardo dell’asse franco-tedesco.
L’altra metà dell’asse non sta meglio: François Bayrou, il nuovo premier incaricato da Macron, sta tenendo le sue consultazioni, dopo il tonfo del governo Barnier che si reggeva sull’astensione benevola di Marine Le Pen; la quale però avrebbe voluto riconosciute le ragioni del Rassemblement National e del blocco sociale che rappresenta, ragion per cui l’astensione benevola è caduta e con essa il governo.
Bayrou sta cercando di mettere insieme un altro governo-laboratorio di minoranza, cercando di spaccare il fronte gauchista e quindi di tirare dentro i socialisti svincolandoli da Mélenchon, e ovviamente tagliando fuori Marine Le Pen. In pratica cerca di congelare di nuovo il risultato elettorale che ha indicato vincitori i partiti di Mélenchon e Marine. Un avvitamento della crisi francese che si specchia nella crisi economica, e intanto i titoli della Francia hanno rendimenti pari a quelli greci.
In tutto questo, forse però si sta aprendo una stagione per una nuova Europa, con un nuovo modello che potrebbe essere il governo italiano. Il centrodestra italiano infatti ha un approccio diverso: si pensi alla questione dell’immigrazione, alla questione fiscale, alla questione dell’identità culturale e religiosa del continente. Su queste parole d’ordine Giorgia Meloni tiene la barra ferma, mentre spesso la Lega si fa punta avanzata di alcune istanze, per esempio su fisco e immigrazione. Un modello alternativo, insomma, c’è…