Frankenstein Ruffini: da esattore a oppositore
Giovanni Sallusti · 14 Dicembre 2024
Cari ascoltatori, viva l’operazione Ruffini, viva l’operazione politica da deep state per cui l’ormai ex direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, sarà il prossimo federatore del centrosinistra. Ne siamo entusiasti perché questo genere di approccio alla politica è ciò che farà governare il centro-destra per i prossimi mille anni: con tutte le imperfezioni e le criticità migliorabili del centrodestra, combattere nella trincea del Paese reale e dell’economia reale è altra cosa che far governare loro signori.
L’operazione Ruffini infatti è veramente un Frankenstein politico, un prodotto da laboratorio d’élite privo di addentellati nella società reale. L’ex direttore dell’Agenzia delle entrate è benedetto da un mondo che fa riferimento a Romano Prodi e a un certo mondo cattocomunista, ed è facile intuire che con questo quadro non s’annuncia un consenso oceanico, né seggi elettorali transennati per quanti si precipiteranno a votarlo.
Karl Marx (a sinistra dovrebbero rileggerselo) scrisse che le cose nella storia hanno la tendenza a presentarsi due volte, la prima sotto forma di tragedia e la seconda sotto forma di farsa. Ecco, i governi Prodi furono per larghi tratti una tragedia, un’accozzaglia che teneva insieme cose tipo Mastella con Bertinotti, giusto per non far governare il centrodestra, il cui unico collante era il cattocomunismo.
Ma l’operazione Ruffini è davvero farsesca. L’uomo certamente ha un profilo biografico e un curriculum professionale di alto livello; ma pensando che i ruoli contino ancora, se fino alla sera prima ho fatto il capo degli esattori delle tasse, non è che la mattina posso svegliarmi oppositore politico: vorrebbe dire che fino a quel momento ho riscosso le tasse in contrapposizione al blocco sociale di centro-destra, cioè i piccoli imprenditori, gli artigiani, le micropartite Iva?
Ovviamente non può essere così: e questo dimostra che politicizzare il ruolo del capo dell’Agenzia delle Entrate è una sbavatura bella grossa in sé; con la benedizione di Romano Prodi, poi, abbiamo la certezza che alle urne il consenso si conterebbe in decimali. Ragion per cui, viva Ruffini!