Nuova metamorfosi di Sala: il centrista inverosimile
Giovanni Sallusti · 12 Dicembre 2024
Cari ascoltatori, abbiamo perso il conto delle metamorfosi del sindaco di Milano Beppe Sala: oggi ha dichiarato a Repubblica “non dico che non potrà interessarmi fare il federatore del centrosinistra”: il che significa, al netto della doppia negazione democristiana, che si candida a fare il federatore del centrosinistra.
Se si esce dalla bolla del chiacchiericcio politico, dubitiamo che masse di elettorato rivedranno le proprie convinzioni. Ma è interessante notare quanto facilmente Sala cambi pelle: ha alle spalle una carriera manageriale di alto livello, tendenzialmente in quota centrodestra; è stato un grande manager di Expo sotto la giunta Moratti; poi ha vinto l’elezione a sindaco di Milano presentandosi come alfiere di una sinistra riformista e moderata, molto meneghina; poi da amministratore ha preso una sbandata ideologica arcobaleno-green-multiculti-woke (ricordate, per dirne una, la perla delle palme in Piazza Duomo, tocco esotico terzomondista?) e ha spostato la sua attenzione sullo zoccolo duro della Ztl: dall’ostinato negare un problema di sicurezza in tutte le periferie, all’opposizione perfino legale, con ricorso al Tar, all’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi, atto ideologico di antiberlusconismo retrò.
L’ultima versione di Sala è il ritorno centrista: a Repubblica il sindaco, con aura ieratica, ha dichiarato le sue intenzioni a mezza voce, seduto alla scrivania del suo ufficio a Palazzo Marino, illuminato da un insolito sole di dicembre. Prima considerando che “pare che il campo largo proprio non riesca a funzionare”, una meditazione cui eravamo arrivati anche noi davanti al caffè al bar di Affori. Poi, sacerdotale, aggiungendo che “serve nell’alleanza di centrosinistra una visione più liberal-democratica che parli a una parte di elettorato che non vuole sentirsi di destra, che è spiazzato da una proposta troppo estrema”. Beppe Sala vede la destra estrema in un governo che cerca di alleviare la pressione fiscale su cittadini e imprese e di gestire i flussi migratori incontrollati: ma se vogliamo fare una critica, può al limite essere di stato troppo timido su alcune questioni connotanti del suo progetto politico, questione fiscale in primis.
Il fatto è che vedere la “destra estrema” serve a Sala perché gli è funzionale a sostenere che serve un federatore di centro. E quando il giornalista di Repubblica gli chiede se vuole provarci lui, prima risponde che non vuole sottrarre tempo a Milano per occuparsene operativamente, poi cala il “non dico che non potrà interessarmi, ma intanto bisogna cercare i compagni di viaggio”. E conclude con una stroncatura del direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Ruffini: dato che è spuntato il suo nome come leader del fronte progressista (cosa in sé già surreale), lo vede come un potenziale concorrente. “Ruffini è bravo? Ruffini è bravissimo. Ruffini è conosciuto? Lo conoscono in pochissimi. È una persona di grandissimo valore, ma pensare che possa avere la forza per fare il leader di quest’area significa volergli male”. Ma non è che Sala abbia voluto benissimo ai milanesi, né che prometta di volerne di più agli italiani: e il suo tasso di credibilità, guardando al percorso assai tortuoso che abbiamo riepilogato, oscilla tra zero e meno uno.