Siria, ayatollah sconfitti. Occhio ai nuovi tagliagole
Giovanni Sallusti · 9 Dicembre 2024
Cari ascoltatori, quel che sta succedendo in Siria va tenuto d’occhio con attenzione, perché il guazzabuglio mediorientale spesso è una sintesi del guazzabuglio della contemporaneità, e quindi ci riguarda.
Chi ha perso, chi ha vinto? Il primo grande perdente è l’Iran degli ayatollah, la teocrazia islamica che tiranneggia sul suo popolo dal 1979, perché i suoi vari tentacoli sono stati sostanzialmente tutti recisi. Hamas è prossima alla sparizione, con tutti i leader uccisi da Israele e una capacità militare ridotta ai minimi termini. Lo stesso vale per Hezbollah, che era il grande proxy dell’Iran, militarmente e anche politicamente molto più raffinato: Nasrallah è stato ucciso, i vertici decapitati con iniziative anche avveniristiche, come l’operazione dei cercapersone. La riduzione della sua capacità bellica e la sua crisi in Libano hanno avuto una diretta ripercussione sullo scenario siriano, perché per la prima volta le truppe di Hezbollah non sono riuscite a puntellare il regime di Assad.
E poi Assad stesso, ultimo erede di una dinastia che ha impostato una dittatura di stampo baatista, simile a quella di Saddam Hussein, un regime che poi è stato gradualmente assorbito nell’asse sciita iraniano: la Siria era il corridoio attraverso cui Teheran faceva passare i rifornimenti per Hezbollah, era una propaggine del regime iraniano. Oggi la mezzaluna sciita che da Teheran arrivava al Libano via Siria non esiste più. Oggi a essere nell’angolo sono anzitutto i tagliagole iraniani.
Un altro sconfitto è Vladimir Putin, il grande protettore di Assad, che infatti si è rifugiato a Mosca. Come ha detto Donald Trump, la Russia ha perso 600mila uomini in Ucraina, non aveva più la capacità di proiezione militare per puntellare Assad. Mosca ha evacuato avamposti militari nel Paese, pare che i ribelli lasceranno la fondamentale base navale di Tartus in mano russa, ma anche questo sarà tutto da vedere. Trump ha detto che Assad è crollato perché la Russia non l’ha più sostenuto, presentando la fine del regime come una scelta di Putin per alleggerire l’onta della sconfitta, ma anche per ricordargli che, persa la Siria, è tempo di un negoziato sulla questione Ucraina. È il suo tipico schema negoziale attraverso la forza.
E ora i vincitori. Ha vinto anzitutto Israele, perché la caduta di Assad, uno dei suoi peggiori nemici, è stata possibile grazie al fatto che Israele ha quasi annientato le capacità militari di Hezbollah. Gli organizzatori del 7 ottobre sono rintanati a Teheran, odiati da larghe fette del loro popolo e sempre meno capaci di incendiare il Medio Oriente.
Israele sa però che il secondo vincitore, i ribelli che sono entrati a Damasco, sono tendenzialmente feroci jiadisti pure loro. L’attuale leader al-Jolani era di al-Qaeda e ha lavorato anche con l’Isis. Non a caso Israele dopo molto tempo ha rischierato, come ammonimento a non avvicinarsi, delle truppe oltre le alture del Golan. E vincitore è il sultano della Turchia Erdogan, che è il protettore di un certo estremismo sunnita.
Insomma, sappiamo chi sono questi signori, anche se alcuni giornaloni cercano di venderci la fola dei moderati, dei “talebuoni”. La spallata a Damasco l’hanno data truppe jiadiste vicine a Erdogan, il quale coltiva ambizioni imperiali su un pezzo di Siria, dove fra l’altro è ancora attivo l’Isis: per fortuna c’è chi ha chiara questa cosa, e infatti ieri gli americani hanno bombardato pesantemente un residuo di postazioni Isis. È un avvertimento da Washington, cosciente del pericolo: se ricostituite lo stato islamico ne terremo conto.
In questo guazzabuglio, il 40% della Siria è in mano ai curdi, che sono gli eroi del Medio oriente, gli unici, insieme con gli israeliani, a conoscere e a praticare l’alfabeto della libertà. Questa è la mappa, ovviamente provvisoria, ora tutti trattano con tutti, tutti fanno il triplo gioco: per cui l’unico asse al quale si può fare affidamento è l’alleanza tra l’Occidente e Israele.