Alla fine la statista è lei e lo sfascista è lui

· 5 Dicembre 2024


Cari ascoltatori, siamo davanti a un nuovo caso di capovolgimento di parti in commedia. Ovviamente il fossato è sempre quello, la narrazione mainstream rispetto alla realtà della politica, nella fattispecie quella francese. Ieri sera è caduto il governo Barnier, che era stato costruito in laboratorio dall’apprendista stregone dell’Eliseo Emmanuel Macron, e la Francia si sta avvitando in una crisi politica molto complicata, innestata su una crisi economica ancora più complicata.

Il ribaltamento è il seguente: secondo la narrazione che si ripete da luglio, Macron dovrebbe essere il competente, l’uomo del sistema, il genio della politica professionale che muovendo le pedine sulla sua scacchiera tiene in piedi l’interesse nazionale della Francia. Dall’altra parte c’è Marine Le Pen, la sfascista, l’estremista, l’impresentabile, quella contro cui allestire i cordoni sanitari.

Ma la verità è il contrario, perché la realtà mostra che l’avventuriero è stato Macron, se si pensa a quell’idea, all’indomani del voto di luglio, di fabbricare una coalizione puramente aritmetica per tagliare fuori il primo partito uscito dal voto, il Rassemblement national, poi risultato terzo al secondo turno a causa del meccanismo delle desistenze; mentre la prima coalizione era quella gauchista di Mélenchon.

Macron ha ignorato l’evidenza democratica emersa dal voto e si è inventato il governo Barnier, e tutti i nostri giornaloni hanno subito lodato il genio macchiavellico che aveva dato scacco agli estremismi e aveva spalancato le porte a nuove magnifiche sorti e progressive per la République. Ora è emerso che la genialata è stata piuttosto un atto di incoscienza, perché era un governo ritagliato a misura di ego del presidente, lontano dalla società francese e dal risultato del voto. E infatti si è sfracellato in due mesi.

Marine Le Pen, al contrario è rimasta pragmatica, dialogante, istituzionale, perché il governo Barnier si reggeva sull’astensione collaborativa del Rassemblement national, che ha votato spesso dei provvedimenti, che ha trattato su leggi e sulla manovra che si stava allestendo; e infine con Barnier ha rotto a causa di due no, sull’adeguamento delle pensioni all’inflazione e sul taglio del miliardo e seicento milioni per l’assistenza sanitaria agli immigrati clandestini.

A questo punto Marine, che risponde al suo elettorato con la sua ricetta di società, ha votato la mozione di censura. Poi, ieri, pur in un discorso durissimo, si è detta disposta a votare una legge di bilancio se il nuovo premier incaricato si presenterà con una proposta accettabile per tutti, in particolare per i suoi elettori.

Questo non è sfascismo, è moderazione, pragmatismo, responsabilità, cioè il contrario della narrazione delle anime belle. Vedremo se Macron cercherà di inventarsi altri governi frankenstein o se si calerà nella realtà. Una realtà in cui in Francia emerge una leadership chiara, che è Marine Le Pen.


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