Viva Adams, sindaco dem di NYC che parla come Trump
Giovanni Sallusti · 4 Dicembre 2024
Cari ascoltatori, chi riuscirà a dare del razzista, del criptofascista, dell’incontrollabile autoritario al sindaco di New York? Intanto, di sicuro non potranno dargli del suprematista bianco, perché Eric Adams è afroamericano (anche se non è bene sottovalutare l’ideologia del politicamente corretto: se ci sono donne meno donne, specie se sono di destra, potrebbero esserci anche afroamericani meno afroamericani).
Il punto politico è che il sindaco della liberal e ultraprogressista New York ha dichiarato di essere prontissimo a collaborare con l’amministrazione Trump sul piano di espulsione per i clandestini, in primis per coloro che si macchiano di reati. Adams reputa che sia un suo dovere come sindaco, incenerendo tra l’altro i luoghi comuni della retorica woke.
In una conferenza stampa ha detto queste cose, lasciando di sasso la crème della stampa newyorkese, tant’è che ha avuto anche un battibecco molto istruttivo con un giornalista: “Coloro che sono qui a commettere crimini, a sparare agli agenti, a stuprare innocenti, hanno danneggiato il nostro Paese. Voglio sedermi e ascoltare il piano su come li affronteremo”, ha detto quasi incalzando l’amministrazione Trump a sedersi al tavolo per capire come vincere questa oggettiva piaga, che non è di destra o di sinistra, democratica o repubblicana. “Mi piacerebbe sedermi con il responsabile dei confini, Tom Homan, e sentire i suoi pensieri”, ha continuato. Tom Homan è dipinto dalla pubblicistica progressista come il diavolo, un deportatore compulsivo, una sorta di nazista dell’Illinois. Però ad Adams non importa, tant’è che ha aggiunto: “Vi consiglio di tornare su Google e di digitare Hillary Clinton e Barack Obama, troverete che entrambi dicevano: coloro che commettono crimini devono andarsene subito”. Insomma, non è che un giorno si è svegliato il puzzone Trump ed è iniziata la caccia al migrante.
Il fenomeno dell’immigrazione incontrollata, in gran parte dal confine sud, dal centro e sud America, è un fenomeno di lunga data, di fronte al quale durante le campagne elettorali i principali candidati democratici hanno sostenuto che così non si poteva andare avanti. Poi Barack Obama quando ha governato non ha dato seguito a questa politica, ma loro, i dem, per primi l’hanno sostenuta, perché il problema è così oggettivo che per prendere i voti hanno sempre detto le stesse cose di Trump.
A un certo punto un giornalista sconcertato ha chiesto ad Adams se avesse intenzione “di collaborare con queste persone”, cioè il presidente degli Stati Uniti e la sua amministrazione. Per i manichei liberal ci sono i buoni e le anime belle che accarezzano i propri buoni sentimenti nelle vie più sfarzose di Manhattan; e poi ci sono i cattivi, quelli che votano Trump. Ma Adams non la pensa così, e ha risposto: “Nell’era della cultura della cancellazione non bisogna aver paura di essere onesti: bene, cancellami pure, perché proteggerò le persone di questa città”.
Meraviglioso. È stato un momento epico, il sindaco democratico afroamericano di New York che rivolta il totem della cultura della cancellazione contro la stampa amica, solo citando il suo dovere di difendere i newyorkesi, compresi gli immigrati che subiscono i crimini di altri immigrati clandestini: una sorta di manifesto trumpiano. Temiamo che da domani Eric Adams starà un po’ meno simpatico ai giornaloni al di là e al di qua dell’oceano…