Violenza urbana al Corvetto, la Salis si esalta

· 2 Dicembre 2024


Cari ascoltatori, stiamo notando che l’onorevole Ilaria Salis è in costante competizione con se stessa, che punta ad alzare sempre di più l’asticella del ridicolo ideologico, del capovolgimento della realtà. Quando qualcosa richiama un clima di rivolta delle banlieue Ilaria Salis va in sollucchero, quindi ha avvertito il bisogno di esprimersi sul Corvetto e ci ha regalato la sua spatafiata social. Dice Ilaria: “Il quartiere Corvetto è un luogo che conosco bene: un quartiere popolare, multietnico, proletario. Una delle periferie di Milano dove la vita di tutti i giorni non è una cosa semplice”. La ringraziamo ma lo avevamo chiaro, piuttosto non sappiamo quanto ce l’abbiano chiaro i suoi compagni di cordata e di cazzeggio estremista Fratoianni e Bonelli, visto che Avs alle ultime elezioni ha toccato percentuali record ben lontano da lì, nella scintillante Ztl di Milano.

Continua Salis: “Se gli amici di Ramy e gli abitanti del quartiere non avessero protestato, nessuno avrebbe preso in considerazione la loro sacrosanta richiesta di verità e giustizia”. Qui c’è un problema di vocabolario: quella al Corvetto non è stata una manifestazione di protesta (che in sé è un’espressione sacrosanta), ma violenza urbana, con un quartiere intero sequestrato per ore. Questi gentiluomini intenti a esternare la loro richiesta di verità e giustizia hanno dato fuoco a qualunque cosa sulla loro strada, hanno aggredito a più riprese le forze dell’ordine, uno di loro ha investito quattro ragazzi con l’auto. Altro che proteste, erano violenze urbane di una comunità che si reputa sovrana del suo quartiere e pensa di avere il monopolio della forza, che invece è prerogativa dello Stato.

Riprendiamo Ilaria: “Questo accade soprattutto quando tragedie come queste colpiscono persone proletarie e/o razzializzate” . Immaginiamo intenda immigrati e persone di colore, e questo è tipico del cortocircuito della retorica woke: sono loro i primi a rendere un elemento dirimente il colore della pelle, le caratteristiche somatiche. Il povero Ramy è morto ma il suo colore con questa tragedia non c’entra, c’entra già di più che non si sia fermato a un posto di blocco.

“Quando queste persone provano a far sentire la propria voce, non stupisce che le reazioni siano tanto scomposte e cattive”, aggiunge Salis. Cioè, sono cattive le reazioni di chi pensa che un quartiere di Milano non può essere in balia di una banda di predoni che fa quello che gli pare per due giorni, mentre quello che è accaduto è una cosa normale, anzi sacrosanta. E quando l’eurodeputata continua dicendo “per quanto ci riguarda sappiamo da che parte stare”, non intende quella degli italiani o dei migranti regolari e che non commettono infrazioni, i quali sono i primi a soffrire questa situazione, perché alla sinistra attuale non interessano.

“Vorremmo che nessuno, a causa della miseria e della mancanza di opportunità, fosse spinto a ‘rubare collanine’ per tirare a campare”, insiste Ilaria, e si butta sul sociologismo. Ma non è nemmeno questo il caso, Ramy risulta avesse un contratto di lavoro a tempo indeterminato; e comunque la contestualizzazione sociologica della delinquenza è una trappola perché porta a giustificare tutto, tranne le condizioni dei non delinquenti.

Insomma, Ilaria Salis ha aggiornato il suo vocabolario, la neolingua del ribaltamento della realtà: abbiamo una nostra rappresentante all’Europarlamento che vede come sacrosanta la violenza urbana di una comunità che si rivolta contro la sovranità dello Stato e le sue leggi. Ma, in effetti, non è una novità.


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