Se la Chiesa cade nella trappola del Corvetto
Giovanni Sallusti · 29 Novembre 2024
Cari ascoltatori, stamattina vorremmo far notare una cosa, sia alle anime belle e furbette, sia ad autorità morali e istituzionali che devono essere ascoltate, come l’arcivescovo di Milano Mario Delpini: guardate che è uno stereotipo, uno slogan, anche l’accoglienza a prescindere, il dialogo per il dialogo senza nessun costrutto a latere che tenga conto anche della sicurezza di tutti. Altrimenti diventano a rischio retorica, seppure raffinata, anche le parole dell’arcivescovo.
Ci riferiamo all’intervista pubblicata oggi su Repubblica, in cui si parla del caso Corvetto: l’arcivescovo invita a non procedere per slogan ma a guardare la complessità sociale. Il giornale vi indugia molto per far passare il sottotesto che le destre sovraniste e securitarie ragionano per slogan. In realtà il ragionamento di Delpini è ovviamente più articolato, ma il passaggio chiave è quello: bisognerebbe andare a parlare con questi ragazzi e con i loro familiari, come fa la Caritas.
Ora, è vero che la Chiesa di Milano spesso supplisce alle carenze della pubblica amministrazione, è un dato storico che va sottolineato. Però poi bisogna connettere questa giustissima e morale esigenza di dialogo con la realtà sociale quotidiana di chi vive a Corvetto. E, davanti a gang nordafricane o italiane che mettono a ferro e fuoco un quartiere, è indispensabile ripristinare un minimo di convivenza civile, di Stato di diritto laico: e sul controllo del territorio hanno molte più responsabilità le autorità cittadine e la forza dello Stato di quante ne possa avere l’arcivescovo.
Delpini, poi, ha ragione quando dice che Milano oggi è una città a due velocità: è scintillante in centro mentre negli altri quartieri le cose si fanno più complesse, fanno capolino problemi economici, di solitudine. Ma tutto questo è figlio di un progetto – o di un non progetto – amministrativo: infatti una certa sinistra che, appunto, ragiona a due velocità, incarna solo le istanze della Milano del centro, della prima cerchia dei Bastioni. Quest’ottica ha creato il fossato con le periferie, che nelle loro diversità e criticità sono state abbandonate. A questo non si può sfuggire, così come al fatto che è stata messa a rischio la sicurezza di un quartiere intero per giorni: e di fronte a questo fenomeno la parola d’ordine esclusiva del dialogo è essa stessa uno stereotipo.
Lo stesso ragionamento vale quando il giornalista di Repubblica chiede a Delpini, di fronte al fatto che sono state inviate forze dell’ordine in più, che cosa secondo lui sarebbe necessario fare ora: l’arcivescovo risponde che servono le relazioni e che a rendere sicura una città non sono le porte blindate o i militari per strada. Ecco, anche in questo caso va ricordato che le relazioni sono possibili solo fra persone che si rispettano e che cercano di capirsi; ma davanti a enclave che si arrogano lo pseudodiritto del controllo della loro fetta di territorio, che aggrediscono chi non è dei loro e che incendiano tutto, dialogo, relazione eccetera diventano subito, e rimangono, uno stereotipo.