Figli violenti? Ai genitori manca un “manuale d’uso”
Giulio Cainarca · 25 Novembre 2024
Medico chirurgo specialista in Neuropsichiatria Infantile, Psicoterapeuta, Direttore del reparto di Neuropsichiatria infantile dell’azienda sanitaria di Macerata, Maurizio Pincherle si occupa dello sviluppo neuropsichico e dei suoi disturbi neurologici e psichici, nell’età fra zero e diciotto anni. Dal 1999 al 2011 è stato Giudice onorario del Tribunale per i minorenni – Sezione Minori della Corte d’Appello delle Marche.
Il nonno si chiamava come lui, Maurizio Pincherle, ed è stato un pediatra molto noto a Bologna, ordinario di clinica pediatrica presso l’Università di Bologna e direttore della clinica pediatrica Gozzadini. Ha fondato la rivista scientifica Archivio Italiano di Pediatria; la famiglia Pincherle è di origine ebraica e per questo, a causa delle leggi razziali, il professore nel 1940 venne sospeso dall’insegnamento, come accadde ad altri accademici ebrei anche se erano iscritti al Pnf. Verrà reintegrato, non senza difficoltà, dopo la Seconda guerra mondiale.
Maurizio Pincherle è stato il primo a dare l’allarme sul lockdown: “L’isolamento avrebbe prodotto un disastro sugli adolescenti, avrebbe amplificato il loro solipsismo e li avrebbe resi completamente dipendenti dal cellulare, dal computer, da quella virtualità che è all’origine di un disagio giovanile preoccupante e di cui ci si occupa troppo poco. Quando irrompe la cronaca tutti a chiedersi: com’è possibile? Poi silenzio”.
“Se lasciamo i ragazzi davanti allo schermo del computer o del telefonino per 6-8 ore al giorno a cominciare dall’età infantile, non consentiamo alla parte anteriore del cervello di svilupparsi. Le immagini, la fruizione passiva del virtuale colpiscono la parte posteriore del cervello che è quella primordiale. Se prendiamo il tronco encefalico di un animale e quello di un uomo, sono pressoché eguali. Ciò che differenzia l’essere umano è la corteccia anteriore: quei diciotto metri di cervello che servono a controllare le emozioni, a sviluppare la memoria cognitiva e l’approccio razionale. Sono le aree che servono a inibire o a incanalare l’istintualità animale, quella che alberga nella parte posteriore, verso il ragionamento e il comportamento anche sociale”.
Uno dei fenomeni più preoccupanti tra giovani e giovanissimi è l’autolesionismo. Soprattutto le ragazzine si tagliano le braccia, le gambe, si procurano un danno fisico. “Alla domanda ‘Perché lo fai?’, la risposta è quasi sempre la stessa ed è sconcertante: ‘Perché almeno sento un dolore vero, perché vedo il sangue e so che sono viva’. È il drammatico meccanismo del suicidio: ci si uccide per avvertire gli altri che si esiste, per illudersi di essere vivi. Prodromico a tutto questo c’è il fenomeno degli hikikomori, nato in Giappone, ma comune a tutte le società sviluppate”.
La questione profonda è che gli adulti non pongono più bambini e adolescenti di fronte alla frustrazione. Semplificando, si sostiene che non diciamo più agli adolescenti ‘no’. “È vero, ma bisogna fare di più: bisogna porre gli adolescenti di fronte alle barriere, bisogna reintrodurre il concetto ‘trasgressione-sanzione’, bisogna educarli all’insuccesso. Ma tutto questo si fa se la parte anteriore del cervello funziona, se non si è atrofizzata per mancanza di stimoli”.
“Il branco è il riparo degli adolescenti: una volta era la squadra di pallone della parrocchia, che però aveva leggi ben chiare e ruoli definiti: oggi è la baby gang. Un altro elemento da considerare: abituati a vivere la finzione, non è raro che i giovanissimi uccidano, convinti che come nel video gioco poi la vittima si rialza”.
“Ho fatto centinaia di perizie legali e mi è capitato più di una volta di constatare l’assoluta incapacità del ragazzo di percepire la gravità del gesto”.
CI sono poi i modelli distruttivi: “I siti porno, gli influencer che hanno l’effetto pifferaio magico. Ho sentito una giovanissima rispondere offesa alla domanda: ‘Vai all’università?’ Lei ha risposto: ‘Ma mi prendete in giro? Per chi mi avete presa? Io valgo di più di quegli accattoni che studiano: faccio vedere una tetta e guadagno cento volte in più. Non mi parlate di libri, ché se no mi offendo'”.
La prima cosa è mandare gli adulti a scuola di genitorialità. “E dobbiamo dare alle donne che fanno figli – per i due anni in cui il bambino nasce e cresce – uno stipendio pieno. La società deve ringraziare una donna che fa un figlio. I primi mille giorni sono fondamentali per un bambino e il ruolo delle madri è insostituibile”.
Vanno eliminati gli errori educativi. Nessuno valuta la gravità di far dormire i ragazzi con i genitori. I bambini devono costruirsi da soli, gli adulti devono indicare la strada, ma il percorso è loro. Rimuovere gli ostacoli è sbagliato. “Per me è un dolore vedere i reparti di psichiatria infantile affollati. Immaginare che bastino i farmaci è pura illusione. È la nostra contemporaneità che è patologica.”
Teresita Pagani Di 27 Novembre 2024 alle 12:30
Ho sempre pensato così – parole sante- la donna quando diventa mamma è al servizio dello Stato, pertanto, educatrice di prima classe. Assegno per il marito (reddito di cittadinanza) il tutto tutelato al massimo. Ovviamente a scelta della donna. Purtroppo ci sono donne che altrimenti si sentono meno considerate se non lavorano, ignorando l’importanza di essere madre/educatrice dei propri figli..