Sveglia centrodestra: è ora di accelerare sulle riforme
Giovanni Sallusti · 19 Novembre 2024
Cari ascoltatori, come avevamo previsto oggi i giornaloni sono in festa per una non notizia, la vittoria della sinistra in Emilia Romagna, e una notiziola, che la sinistra riprende l’Umbria, altra regione storicamente rossa. Ma la realtà generale è recalcitrante a tanto entusiasmo: al momento 13 regioni sono in mano al centro-destra, 6 sono in mano al centro-sinistra; dalle ultime elezioni politiche il bilancio delle regionali è un bel 12 a 3 per il centrodestra; ci sono state le elezioni europee, che hanno certificato la buona salute del governo italiano rispetto agli esecutivi di altri grandi Paesi europei.
Questo però non vuol dire che non è successo niente, che il centro-destra può andare avanti col paraocchi: come dice Matteo Salvini, gli elettori hanno sempre ragione, quindi riflettiamo su quello che il centro-destra non deve fare. Sicuramente non deve avvitarsi nelle recriminazioni, nelle ripicche, in quel vizio altrui che è la guerriglia interna permanente. Deve evitare quel che come retroscena riferisce Repubblica (quindi con un tasso di affidabilità basso), un ghirigori sul fatto che Giorgia Meloni l’aveva detto a Salvini, in Umbria abbiamo sbagliato candidatura, e che bisognava presentarsi con un altro nome: insomma polemichette, perché si potrebbe anche far notare che in Sardegna il centro destra ha perso per lo stesso motivo, che Fratelli d’Italia con Paolo Truzzu ha imposto una candidatura contro ogni logica.
Che cosa invece dovrebbe fare, il centrodestra? Accelerare sulla sua identità, eliminare timidezze ingiustificate, siamo entrati nell’era Trump-Musk, Milei, Le Pen, in cui vincono le destre che non si edulcorano, che non si castrano per piacere alla gente che piace. Questo è stato il grande equivoco in Emilia Romagna: Elena Ugolini era ottima come curriculum e come persona, ma è scattata la trappola concettuale della candidatura civico-moderata per attirare dei voti tradizionalmente fuori dal recinto della coalizione: i voti non sono arrivati perché la pervasività del sistema emiliano è nota, e l’identità del centro-destra ne è uscita mortificata, è rimasta un po’ nel mezzo. Dunque, se vuole accelerare sul tema dell’identità, il centro-destra ha davanti a sé tre grandi fronti: tasse e burocrazia, sicurezza e immigrazione, giustizia.
Il primo è la ragione sociale del centrodestra italiano dal 1994, un’alternativa al “tassa e spendi” della sinistra: le aliquote ritoccate verso il basso, la diminuzione delle tasse per i ceti medio-bassi, la costruzione di un fisco non più vessatorio sono ottime notizie, ma parziali: serve puntare a una vera rivoluzione burocratico-fiscale: non immaginiamo una impennata reganiana da un giorno all’altro, perché siamo consci del momento storico, ma un maggior contrasto alle varie derive dell’apparato e ai residui di statalismo vessatorio. La strategia è arrivare all’abbattimento della pressione fiscale per liberare le energie del Paese e tra l’altro recuperare anche gettito, come è rappresentato dalla Curva di Laffer.
Anche su sicurezza e immigrazione sono stati raggiunti lodevoli, ma parziali risultati: ora bisogna insistere sulla questione Albania, non piegarsi al ricatto mediatico-giudiziario. Kier Starmer, che fra l’altro è laburista, in Gran Bretagna sta facendo qualcosa di analogo. Bisogna accelerare e non subire l’iniziativa della magistratura ideologizzata.
E questo è il tema anche per il terzo fronte, la giustizia: la situazione anomala di oggi non verrà superata se non con la riforma della giustizia: separazione delle carriere, responsabilità civile dei magistrati. Sono provvedimenti che l’elettorato di centrodestra si aspetta e che coincide con una matura democrazia liberale. Non preoccupiamoci dell’Umbria e dell’Emilia al Pd, o di quel che scrivono i giornaloni: ma quest’accelerazione s’ha da fare.