Mentre lorsignori fan salotto, Trump fa una grande squadra
Giovanni Sallusti · 14 Novembre 2024
Cari ascoltatori, mentre in Italia siamo ancora un po’ presi dal nostro dibattito ombelicale, tipo Pelù ed Elio che se ne vanno da X in polemica col fascismo di Elon Musk, Donald Trump sta mettendo in piedi uno spettacolo di amministrazione. Trump entrerà in carica il 20 gennaio, ha annunciato le nomine che comporranno la sua squadra e che dovranno passare al vaglio del Congresso.
I nomi più in vista in queste ore sono Elon Musk e Vivek Ramaswamy, che saranno alla guida del nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa degli Stati Uniti. Il mandato di Trump è che spianino la strada per smantellare la burocrazia, tagliare le normative eccessive e le spese inutili, ristrutturare le agenzie federali. Insomma, un assalto liberista alla bestia del deep state, avrebbe detto Ronald Reagan. Trump l’ha paragonato per impatto al progetto Manhattan, una bomba atomica sull’elefantiasi burocratica degli Stati Uniti.
Questa è un’ottima notizia per l’America, e sarebbe una doppia ottima notizia se innescasse un processo virtuoso di competizione in Europa e dalle nostre parti, se ci invogliasse a fare altrettanto per stare al passo del gigante americano. Ma dubitiamo che nel Vecchio continente attecchisca questa parola d’ordine liberale, liberista e libertaria.
Poi ci sono le nomine che avranno un impatto immediato sul mondo, sulla politica estera. il Segretario di Stato sarà Marco Rubio: nomina strepitosa perché smentisce una serie di luoghi comuni, anzitutto quello sul presunto isolazionismo di Trump, cosa impossibile per l’America, e anche quello per cui Trump non c’entrerebbe niente con la storia del Partito repubblicano. Trump l’ha cambiato profondamente, ma i legami con la storia sono chiari, altrimenti non avrebbe preso 74 milioni di voti. Anche Marco Rubio rappresenta una continuità: è cresciuto nel neo-conservatorismo della stagione Bush, ma, a differenza di altri, per esempio la figlia di Dick Cheney che addirittura ha fatto propaganda per i Dem, non si è irrigidito in una posizione dottrinaria. Rubio ha preso atto del cambiamento, è rimasto intransigente contro le dittature, è anti-cinese e anti-iraniano e sa che serve un’America assertiva. A Trump va benissimo, perché rifare grande l’America vuol dire ripristinare la sua potenza e la sua capacità di deterrenza.
Il Consigliere per la Sicurezza nazionale sarà Michael Waltz, ex berretto verde pluridecorato: da anni sostiene che la sfida geopolitica per l’America e per il mondo libero è con la Cina, e ha accusato l’amministrazione Biden di aver lasciato che Pechino prevalesse. Questa è la priorità e per questo vuole chiudere il dossier ucraino: non si arrenderà a Putin, ma sarà un sostenitore della pace attraverso la forza, linea che, per inciso, conviene anche a noi.
A capo del Pentagono, a rinforzo di questo programma, ci sarà Pete Hegseth, veterano delle guerre in Iraq e in Afghanistan, poi conduttore di successo su Fox News. È un personaggio bizzarro nei modi, ha una forte antipatia per il wokismo che si è insinuato anche nell’élite militare americana e critica i Paesi europei che scroccano la difesa al contribuente americano.
L’ambasciatrice all’Onu sarà Elise Stefanik: rappresenterà la voce della più grande potenza mondiale in quel consesso che ha definito come intossicato dal marciume antisemita. Probabilmente è la migliore amica per Israele e la peggior nemica per l’Iran e per tutte le dittature, per i tagliagole globali. Fu lei a incalzare i rettori e le rettrici delle università americane, quelle della Ivy league, tipo Harvard e Yale, chiedendo conto del perché nei campus stessero prendendo piede delle parole d’ordine e azioni antisemite.
Insomma, mentre noi facciamo la conta delle starlette italiane che se ne vanno da X in polemica con Musk e Trump, al di là dell’oceano si sta mettendo insieme una fior di amministrazione centrata sui problemi del mondo contemporaneo. E badate che tutto questo è incoraggiante anche per noi, per l’Italia e per l’Europa, a patto di pensare l’Italia e l’Europa come liberi popoli occidentali e non come burocrazie governative. Quindi sì, non vediamo l’ora che arrivi gennaio.