Se Richard Gere può parlare di noi, ma Musk no

· 12 Novembre 2024


Cari ascoltatori, il doppiopesismo delle anime belle attraversa gli oceani: oggi scopriamo che ci sono miliardari che possono parlare e miliardari che non possono parlare, i buoni e i cattivi, ci sono quelli che piacciono alla gente che piace e quelli che il mainstream vorrebbe zittire.

Elon Musk è il miliardario cattivo, una specie di diavolo, da quando ha rotto la regola per cui i ricchi delle big tech stanno a priori per il Partito democratico e si è schierato, peraltro con meno ipocrisia di Zuckerberg e i suoi affini: è stato un trasparente attore della campagna elettorale a favore di Trump. Oggi su X ha ripreso la notizia dei magistrati italiani che per l’ennesima volta hanno sbracato, disinnescando il trasferimento in Albania di alcuni migranti deciso dal governo eletto, e ha scritto “questi giudici devono andarsene”.

Agli occhi di un americano questa vicenda è follia, quindi non può che commentarlo con una frase secca, provocatoria, ma ci pare anche spontanea, perché in America la separazione dei poteri funziona, anche se con qualche scompenso. Infatti ci sono stati sì tentativi giudiziari di liberarsi di Trump, ma negli Usa non esiste una corrente organizzata della magistratura che fin nel nome si colloca in una metà campo politica, che si esprime pubblicamente per conto dell’altra parte contro le iniziative che prende il governo. Questo agli occhi di un americano è una cosa che viene da Marte.

Quindi Musk si è espresso chiaramente ed è stato subito scandalo delle anime belle: incuranti del fatto che dare del fascista a Musk è aggiornare la soglia del ridicolo, è stato un gran crepitare di come si permette, allarme intrusione, ingerenza inaccettabile del miliardario nello Stato di diritto italiano, nelle decisioni di un potere sovrano (quello giudiziario però).

Poi c’è il miliardario buono, Richard Gere, un bravissimo e celeberrimo attore di Hollywood, da anni idolo del mainstream proprio perché è intervenuto nelle vicende politiche italiane a gamba tesa: intervistato da Vanity Fair, illustrò la sua posizione a proposito di Salvini, della politica migratoria italiana, della Lega, del caso Open Arms. Gere era anche andato sul barcone, dove fece il selfie d’ordinanza con i migranti e si dichiarò molto coinvolto nella questione. Nell’intervista disse: “Per me è molto difficile capire un movimento di estrema destra conservatrice, soprattutto in un Paese che è prettamente cristiano” (dimostrandosi politicamente analfabeta, perché la destra o è conservatrice o è estrema, e la destra nazifascista non è conservatrice); “in quelle ore non smettevo di chiedermi che cosa avrebbe fatto Cristo in una situazione del genere: non avrebbe detto salvate solo le persone bianche, quelle italiane o quelle cristiane”, insinuando che Matteo Salvini facesse una scelta etnica, un’accusa pesantissima, mentre stava solo attuando una politica dei porti chiusi che aveva avuto un consenso popolare: infatti i migranti che stavano male sono scesi e hanno ricevuto tutte le cure del caso.

Insomma Richard Gere dipinse Salvini come un pazzo anticristiano razzista, però nessuno disse “come si permette il miliardario di entrare nelle vicende italiane”; anzi, fu un plebiscito di “viva il miliardario che entra nelle vicende italiane e ripristina la civiltà”.

Ne concludiamo che viviamo all’interno di una bolla doppiopesista. Ogni giorno ne abbiamo prova, oggi è il caso del miliardario buono versus il miliardario cattivo, domani chissà. Ma ormai sono anche francamente molto prevedibili.


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