All’islam anche le piscine: è sottomissione
Giovanni Sallusti · 15 Ottobre 2024
Cari ascoltatori, la sottomissione culturale, valoriale, come il diavolo spesso si annida nei dettagli, nelle pieghe della cronaca. L’ennesimo, inquietante caso di sottomissione culturale arriva da Figline Valdarno, comune in provincia di Firenze: per un’ora alla settimana la piscina comunale sarà riservata esclusivamente alle donne musulmane, che quindi potranno andare in burkini e seguire un corso di nuoto. L’Unione italiana sport per tutti (Uisp) sostiene di aver risposto alle richieste di alcune residenti: così, ogni martedì mattina l’impianto sarà riservato alle donne islamiche, che avranno a che fare solo con istruttrici donne e “vasche blindate”.
La Lega della Toscana ha fatto partire una campagna contro questo fenomeno che ci viene spacciato come esempio di integrazione: ma che cos’è che stiamo integrando? Un conto è integrare le persone nel nostro modello di civiltà occidentale, che prevede, oltre alla separazione tra peccato e reato, la pari dignità di ogni persona e quindi l’uguaglianza dei sessi. Ma in questo caso succede il contrario, che una volta alla settimana non siamo più in Occidente, si istituzionalizza la segregazione islamica. Come accadde a Roma, quando si vide alla preghiera del Ramadan le donne pregare velate e separate con un recinto, come fossero un’altra specie animale.
Con questa iniziativa, in pratica, si sdogana a cascata una serie di aberrazioni, prima fra queste il differente peso ontologico fra l’uomo e la donna nell’ideologia islamista e in gran parte della cultura islamica: un pezzo di Eurabia, direbbe Oriana Fallaci. Questa è la sottomissione strisciante quotidiana, pericolosa perché non scenografica, come dice oggi su La Stampa Michel Houellebecq: “Non penso che ci sia un complotto islamico”, non c’è una Spectre islamica che vuole islamizzare l’Europa e de-occidentalizzarla. Houellebecq teme piuttosto una irreversibile ritirata perenne e sistematica, una sorta di autosottomissione, abdicando alla nostre libertà, al nostro modo di vivere. Ma finché esistono scampoli di Occidente ci prendiamo la libertà di dire che la segregazione islamica nelle nostre piscine, proprio no.