Se per Greta il nemico è sempre l’Occidente
Giovanni Sallusti · 11 Ottobre 2024
Cari ascoltatori, ogni tanto Greta Thunberg si riaffaccia alle nostre cronache, ancora convinta di essere il punto di riferimento di tutti i giovani pseudo-contestatori del pianeta. Un po’ come Gloria Swanson nella scena finale di Viale del tramonto, quando scende la scalinata di casa dicendo “eccomi DeMille, sono pronta per il mio primo piano”.
Ebbene Greta, appena vede una manifestazione, un’opportunità, un fotografo solitario, si posiziona in favore di primo piano. Ma, differentemente dal film, Greta ha ancora qualcuno che la prende sul serio: oggi troviamo un po’ ovunque la notizia della sua presenza all’ennesima manifestazione per la giustizia climatica e sociale, che è andata in scena in 11 piazze italiane tra cui Milano e Roma, in coincidenza con le costruttive manifestazioni studentesche di sinistra del No Meloni Day.
Greta ha sfilato tra gli studenti indossando una kefiah, ha accolto con gioia fotocamere e telecamere, e ha rilasciato le solite sconclusionate dichiarazioni: “Se come attivista per il clima non si lotta anche per la liberazione della Palestina e per la fine del colonialismo e dell’oppressione in tutto il mondo, allora non ci si può definire attivista per il clima”.
Ci sarebbe dunque un nesso diretto tra il riscaldamento climatico e la causa di Hamas: si tratta forse di ripristinare le paludi al grido di “Allahu Akbar”? E ancora: “Non si può pretendere di lottare per la giustizia climatica se si ignora la sofferenza dei popoli colonizzati ed emarginati di oggi. Uscire dalla zona di comfort e chiedere la fine di questo genocidio è una questione umanitaria di base”, così, senza nemmeno un tentativo di argomentare. Molti giornaloni hanno manifestato stupore – che ci è sembrato strumentale – per questa specie di radicalizzazione di Greta “pro-pal in kefiah”.
In realtà questa narrazione è perfettamente coerente, è la precisa prosecuzione della Greta eco-fondamentalista, eco-talebana: il filo conduttore comune è il nemico, e il nemico è invariabilmente la civiltà occidentale. Non importa che sia l’unica civiltà che ha coltivato la libertà della persona, ha prodotto ragionevoli e duraturi sviluppo e benessere, l’unica civiltà che ha dato corpo concreto all’idea di progresso. Per Greta e per quelli come lei la civiltà occidentale è il male assoluto, è la responsabile delle emissioni e dell’aggressione alla natura, ed è trascurabile il fatto che la più grande fonte di emissioni sia la Cina tardocomunista. Nemici sono il capitalismo e ovviamente Israele, un lembo di libertà e di sviluppo in un contesto di teocrazie islamiste, dittature, satrapie primitive: questa Roger Scruton la chiamava oikofobia, paura e odio della propria casa, della propria tradizione culturale.
Perché allora Greta non si è ancora trasferita a Gaza, o a Teheran, o a Pechino? Abbiamo l’impressione che continuerà ad abitare nell’odiato, confortevole Occidente.