Sul caso Open Arms è in ballo una quisquilia che si chiama autonomia della politica

· 14 Settembre 2024


Sei anni. Circa trecentoquindici settimane. Circa duemiladuecento giorni. Più di cinquantaduemila ore. Per la procura di Palermo, è la pena consona per uno “psicoreato” gravissimo, avrebbe detto George Orwell, commesso da Matteo Salvini: aver sostenuto, e tradotto in atti politici (che era poi il suo mestiere, il quale nella tradizione occidentale avrebbe una sua autonomia teorica e operativa), una politica migratoria sgradita agli accusanti.

Ci rifiutiamo, qui, di cadere nel tranello di concedere la premessa di questa pazzotica cronaca giudiziaria: non c’è nessun “sequestro di persona”, quando si parla di politica dei confini (che diventa perfino geopolitica). A meno che si possa definire una banda di incalliti sequestratori la quasi totalità dei governanti europei al di là delle Alpi che, come ricordavamo stamattina, la frontiera l’hanno sempre tutelata, non cancellata dalle mappe. Eppure, nessuno è alla sbarra a La Valletta, nessuno è alla sbarra a Madrid. Nessuno è alla sbarra a Canberra, che sarà anche dall’altra parte del mondo, ma è comunque mondo occidentale, addirittura di diritto anglosassone, dove per lustri governanti di destra e di sinistra i barconi li hanno respinti, o al massimo smistati in isolette ad hoc.

Nessuno è alla sbarra come è alla sbarra il ministro Salvini, almeno nel cosmo avanzato e liberale, e il perché ce l’ha detto ieri un editoriale finalmente privo di inibizioni di Repubblica: “Un personaggio con queste caratteristiche deve essere lasciato fuori dalla politica”. A questo serve l’arma giudiziaria in Italia, fin dall’anno di (dis)grazia 1992, guardacaso rivolta sempre contro gli avversari della sinistra. Lo sapevano bene i leader di quei partiti che durante la Prima Repubblica tennero l’Italia dalla parte giusta, che no, non era quella comunista. Lo sapeva bene il fondatore del centrodestra così come lo conosciamo, Silvio Berlusconi, oggetto di una conclamata persecuzione. Lo sa ora il segretario della Lega, aggredito giudiziariamente per qualcosa che ricadrebbe integralmente sotto l’autonomia discrezionale della politica.

“Intenzionale e consapevole spregio delle regole”, hanno tuonato i pm, parlando di lui, non degli scafisti che si dedicano al traffico di esseri umani alimentando l’immigrazione clandestina, spesso mostrando una curiosa sintonia spazio-temporale con i mezzi delle cosiddette ong. È il ribaltamento totale, che porta a quella richiesta abnorme, palesemente inquinata da personalismo, irragionevole anche per nemici politici dichiarati del ministro. Sei anni.

Questa è la storia sghemba, illogica nelle premesse e inaudita nelle conclusioni, di chi ha perseguito il reato di contrasto all’immigrazione clandestina. La storia ripercorsa con gli occhi, con la memoria e con la bussola politica di Matteo Salvini è nel video che vi proponiamo in questa pagina, e di cui consigliamo caldamente la visione a chiunque non voglia ancora rinunciare a inezie come la sovranità degli Stati/nazione o la separazione dei poteri. Finché è ancora possibile.


Opinione dei lettori

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *




Radio Libertà

Background