Altro che Sangiuliano, sta crollando l’asse europeo
Giovanni Sallusti · 4 Settembre 2024
Cari ascoltatori, mentre noi ci gingilliamo con l’imprescindibile affaire Sangiuliano, i caffè pagati o no e le chat con i cuoricini o no, appena oltre le Alpi sta succedendo qualcosa di storico: sta franando l’asse franco-tedesco che ha costruito l’Europa nonché le sue attuali istituzioni.
Si tratta di una tempesta perfetta rispetto alla stasi equilibrista dell’eurocrazia. In Germania l’affermazione elettorale di AfD sembra più la conseguenza o il sintomo di una tendenza storico-economica che sta emergendo clamorosamente, ma pochissimi giornali stanno registrando questi dati strutturali, storici: ci hanno messo il naso giusto Libero e la Verità. Il direttore di Libero Mario Sechi ha annotato che siamo a un punto di non ritorno, e la cartina di tornasole è l’annuncio della casa automobilistica Volkswagen, che dovrà tagliare dieci miliardi di Euro di costi e pensa di chiudere due stabilimenti in Sassonia, nel cuore industriale della Germania. Questo è un fatto devastante, visto l’enorme interesse che hanno sempre dimostrato i governi nei confronti delle macroaziende tedesche. Ed è anche il segnale che l’ideologia folle green sta ammazzando intere filiere economiche, non solo le imprese familiari massacrate da queste politiche ultra-green senza un vero motivo, ma anche lo stesso cuore produttivo del continente. Non a caso i più accorti legano questa circostanza all’esito delle urne tedesche: sulla Verità lo scrittore e saggista conservatore tedesco Martin Mosebach ha spiegato: ma quali nazisti? AfD dà voce agli operai dimenticati, e tra poco anche disoccupati.
Mentre quindi in Germania viene colpita la forza economica che legittimava l’egemonia tedesca sull’assetto europeo, in Francia è in atto una crisi politica che si sta avvitando oltre ogni logica. Da otto settimane Macron non riesce a mettere insieme un governo, e il motivo è la coalizione-Frankenstein “tutti tranne Marine”, che include gli estremisti di sinistra, i comunisti amici dei gruppi islamisti, i socialisti e i centristi: il presidente francese si è trovato di fronte veti e contro veti, per cui finora è risultato impossibile trovare un nome da incaricare come premier che li mettesse d’accordo tutti.
Bernard Cazeneuve, che era uno dei candidati più quotati, paga l’essere uscito dal partito socialista, altri nomi proposti da Mélenchon sono giudicati impresentabili dai socialisti e dai centristi: per disperazione Macron si starebbe inventando “un’italianata”, in senso deteriore, cioè dare l’incarico a un super tecnico, il professor Thierry Baudet, presidente dell’ente francese analogo al nostro CNEL. Baudet ha un gran curriculum ma è un tecnico, dubitiamo che sia in grado di dare risposte all’elettorato francese, alla crisi d’identità del Paese, a problemi come l’immigrazione, le periferie fuori controllo, la perdita di grandeur economica, l’aumento del debito, il rapporto deficit-pil sempre più sconfortante e a un popolo deluso e arrabbiato che chiede una ricetta alternativa (da qui la chiara affermazione elettorale di Marine Le Pen). I nodi verranno definitivamente al pettine alle prossime presidenziali.
La conclusione è che l’asse franco-tedesco si sta sfaldando perché ne cedono i caposaldi: la forza economica tedesca e la forza politica, ingegneristica e tecnocratica della Francia. Ricordiamo ancora una volta la lucidità di Margaret Thatcher, che urlò i suoi tre celebri no a un’Unione Europea burocratica e centralizzata, in risposta a Jacques Delors, allora presidente della Commissione, non a caso francese.
Tuttavia, una crisi continentale di questa portata, come tutte le crisi, di cui – sia chiaro – nessuno gode, può anche aprire delle opportunità: per esempio indirizzarci verso un’altra Europa, non più guidata dall’alleanza che ha figliato dirigismo, burocrazia esaperata, ideologia green e politicamente corretta, e ha aperto senza discernimento a un multiculturalismo acefalo che rischia di mortificare le differenti culture europee e il pluralismo proprio dell’Europa. Anzi, potrebbe essere un’occasione formidabile, se solo non fossimo troppo impegnati a parlare di Sangiuliano.