Su Paderno basta sociologi d’accatto per favore

· 3 Settembre 2024


Cari ascoltatori, oggi vorrei chiedere una moratoria sulle sovrabbondanti dosi di sociologia e sociologismi che da giorni vengono scaricate sul tragico, terribile caso del 17enne di Paderno Dugnano che ha ucciso tutta la sua famiglia a coltellate. In questi casi la cronaca sovrasta qualunque commento, ed è forse proprio a causa di una forma di spaesamento che da giorni imperversa ovunque un’alluvione di analisi sociologiche che alla fine risultano insultare l’enormità di questo dramma.

Si parla quindi del disagio dei giovani, del muro della solitudine che va abbattuto, dell’incapacità dei genitori di dialogare: tutte cose vere, ma sono problemi generali che credo tocchino solo la superficie di quel che è accaduto. Così come è un sempreverde da salotto chiamare in causa la bolla dei social che irretisce questa generazione e scinde i legami relazionali: anche questo è un tema della contemporaneità, ma non credo che spieghi quel che è accaduto. È anche stato tirato in ballo il covid, il fatto che un diciassettenne abbia attraversato gli anni più formativi sostanzialmente nel nulla relazionale del lockdown: è un problema, ma ha segnato una generazione, non quel solo ragazzo.

Si tratta di argomenti tutti buoni per affollare i siti, tener vivi i talk, esprimere pseudointelligenza nei post sui social. Però è troppo, dobbiamo fermarci: non tutti i giovani che hanno un problema di dialogo uccidono il fratellino, il padre e la madre, né tutti i giovani che vivono nella bolla social, né tutta la generazione-covid. Nel caso di Paderno c’è una specificità che va oltre il sociologismo. E credo che l’equivoco sia nato dalla pm che si occupa dell’inchiesta, la quale ha detto: non c’è un movente in senso tecnico-giuridico, ci sarà un movente sociologico.

Faccio un passo avanti: probabilmente non c’è neanche un movente sociologico. Temo ci sia qualcosa di più profondo, per cui non siamo attrezzati, verrebbe da dire qualcosa di metafisico: la possibilità permanente del male nell’umano, perché l’uomo è un legno storto. E dovremmo anche andare oltre la banalità del male di cui parlò la filosofa Hannah Arendt per descrivere l’immane tragedia dell’Olocausto, perché l’idea di banalità presuppone che esista un gruppo, un collettivo, e un’azione ripetuta, addirittura automatizzata. Quando invece il male, come nel caso di Paderno, si impadronisce con virulenza imprevedibile della vita di un singolo, siamo di fronte a qualcosa che spaventa ancora di più: una assoluta aleatorietà, la possibilità mai del tutto azzerata, permanente, che il male possa palesarsi senza motivo e senza dare segnali, in condizioni non immaginabili. Perché, ripetiamo, l’essere umano è un legno storto. Di fronte a questo, dovremmo fermarci, non sentirci in obbligo di brandire materie come la sociologia, per non dire di quella d’accatto che non manca mai.


Opinione dei lettori

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *




Radio Libertà

Background