Malaparte e Palazzeschi, i disertori del woke

· 1 Settembre 2024


In questa puntata di “Alta tiratura”, Alessandro Gnocchi ci parla di come gli scrittori non incasellabili siano spesso portatori di verità senza tempo, che si fanno beffe dei birignao sociali e culturali di ogni epoca. In questo caso si parla di Curzio Malaparte, di cui si va perdendo la memoria perché politicamente era un uomo indecifrabile: è stato fascista ma ha fatto la fronda al fascismo, tant’è vero che è stato spedito in un esilio dorato da Mussolini, il quale una volta disse che costava di più Malaparte in esilio che un’intera legge finanziaria; successivamente si avvicinò al Partito comunista, nel quale però non riuscì mai veramente a entrare perché, ovviamente, era considerato uno che era stato dall’altra parte. 

In questi giorni è in pubblicazione un volume di studi, “Curzio Malaparte e la Russia”, cui seguirà un convegno a Milano. A questo proposito, uno dei romanzi di Malaparte più interessanti, purtroppo non finito, si intitola “Il ballo al Cremlino”: in questo libro viene alla luce un’evidenza, durante una festa al Cremlino cui lo scrittore partecipa e dove si riunisce la vera e propria aristocrazia dei bolscevichi. La rivelazione è che i bolscevichi hanno fatto fuori la nobiltà tradizionale ma poi in pratica ne hanno semplicemente preso il posto: anche all’interno di una rivoluzione fondata sull’uguaglianza, come avrebbe dovuto essere quella sovietica, in realtà si crea sempre una casta di potenti che decidono poi delle sorti degli altri.

L’altro autore irregolare che Gnocchi prende in analisi è Aldo Palazzeschi, di cui da poco è disponibile una pubblicazione dedicata, presso la Biblioteca di via Senato a Milano, scaricabile dal sito della biblioteca. Palazzeschi ha avuto in progetto di mettere a ferro e fuoco le arti e le lettere, ma in maniera diversa dai futuristi: la sua strada è fatta di trasgressione, di ironia, di risata, di sarcasmo. Palazzeschi irride, prende i topos, i luoghi classici della poesia italiana, e li trasforma in qualche cosa di diverso, di dirompente. L’esempio migliore è il romanzo “Il codice di Perelà”, il cui protagonista è un omino di fumo la cui inconsistenza lo rende capace di trasgredire tutte le regole della società. Così come gli spietati racconti in cui tira in ballo personaggi che oggi sarebbero intoccabili, i nani, i gobbi, tutte le figure che a Firenze venivano chiamate buffe. Tutto questo parte dall’idea che si possa, anzi si debba scherzare sulla letteratura, così come sulla figura pomposa dello scrittore, sulla retorica delle recensioni, sulla critica che si dà importanza. Un autore, insomma di difficile inquadramento, anche politicamente e sul piano sociale: omosessuale e conservatore, pacifista ma lontano dal socialismo.


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