Vescovi anti-autonomia, rileggetevi Don Sturzo

· 28 Agosto 2024


Cari ascoltatori, questa estate la Cei, la Conferenza episcopale italiana, ha molta voglia di fare politica: dopo aver trattato i temi dell’immigrazione con posizioni bergogliane, è intervenuta anche sul tema dell’autonomia differenziata. Sia chiaro, siamo felicissimi che in una società plurale sia forte la voce dei vescovi italiani: non siamo laicisti ideologici. Siamo però laici e vorremmo fare laiche osservazioni.

Dunque: Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Ionio e vice di Zuppi alla Cei, ha rilasciato un’intervista a Repubblica in cui ha stroncato l’autonomia differenziata, dicendo che il Sud ha capito che la riforma è un cavallo di Troia per creare due Italie, una prospera, l’altra abbandonata a se stessa. Monsignore, ma oggi la condizione del Paese non è forse esattamente quella, cioè con una parte prospera e una parte abbandonata a se stessa? E questo non è forse l’esito di decenni di centralismo selvaggio? È un paradosso: Savino fotografa un problema endemico alla storia italiana e poi ne attribuisce la responsabilità a una riforma che non solo non è ancora stata realizzata, ma che nasce proprio per contrastare questa situazione. Il governatore del Veneto Luca Zaia ha risposto alle funamboliche affermazioni di Savino, dicendosi sorpreso e rammaricato: “Sono dichiarazioni basate su una lettura fuorviante fortemente di parte”.

Secondo noi c’è di più. Le parole del vice di Zuppi sono frutto di una incomprensione del dispositivo della riforma, ma anche di cattiva memoria di un’altra lettura che certamente appartiene al suo bagaglio culturale: don Luigi Sturzo, che è sempre stato uno scatenato federalista, fin da quando era impegnato a costruire l’impianto culturale del popolarismo. Don Sturzo sosteneva che uno dei problemi dell’Italia fosse questa costante, da Giolitti al fascismo, l’assetto centralista, e lamentava che anche nella nascente Repubblica non fosse stato messo in discussione.

Non solo: don Sturzo partiva dall’idea di una società che non esiste al di fuori dell’individuo, di un ordinamento sociale che permetta lo sviluppo e la prosperità della persona. Per questo sarebbe stato di gran lunga preferibile un assetto federale, con il governo vicino ai territori, alle istanze concrete delle persone, piuttosto che un centralismo lontano e statalista. Don Sturzo ha anche smontato ante litteram le critiche odierne all’autonomia, quando ha insistito sul fatto che il federalismo sarebbe stato utile soprattutto al Mezzogiorno, mentre forse non lo sarebbe stato per un certo ceto politico meridionale che invece sul centralismo ci specula. Non a caso Sturzo fu uno dei portabandiera della questione meridionale, che non è altra cosa rispetto alla questione settentrionale: entrambe hanno subìto l’equivoco, il fallimento del centralismo italiano. Per questo suggeriamo un gesto sano: poggiate la copia di Repubblica e riprendete, o ricominciate, la lettura delle opere di uno dei padri del nostro Paese, oltre che della cultura cattolica.


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