Che pena, i grillini in ginocchio davanti a Maduro
Giovanni Sallusti · 29 Luglio 2024
Cari ascoltatori, l’attrazione fatale del Movimento 5 Stelle per il madurismo, per il chavismo, per il socialismo alla sudamericana e alla venezuelana, non accenna a placarsi. Lo dimostra la loro presa di posizione sulla situazione che sta andando in scena in Venezuela, dove Nicolás Maduro (dittatore di fatto poiché in Venezuela gli spazi per l’opposizione politica, la libera stampa e le ricette alternative al socialismo di Stato sono risibili) si è proclamato vincitore sul filo di lana; mentre l’opposizione democratica, che è riuscita in mezzo a mille storture a partecipare all’appuntamento elettorale, rivendica di aver prevalso con il 70% dei voti.
Le elezioni si sono tenute in un clima estraneo a qualunque canone di democrazia liberale, come d’altronde è tradizione della casa: una serie di retate e di arresti ai danni dei leader delle opposizioni, l’uso dei cosiddetti “colectivos” paramilitari, che utilizzano mezzi di persuasione piuttosto diversi dalla dialettica, brogli vari testimoniati da più osservatori.
Ciò nonostante, Riccardo Ricciardi, vice presidente del Movimento 5 Stelle, e il senatore Bruno Marton, che sono i capogruppo delle commissioni estere di Camera e Senato, hanno prodotto la seguente surreale nota: “Di fronte al rischio che la contesa sull’esito del voto in Venezuela degeneri in violenze, fa impressione leggere gli appelli di Fratelli d’Italia, che non si limitano a chiedere massima trasparenza nella verifica dei risultati, come è giusto che sia, ma pretendono che l’Unione europea decreti a priori l’illegittimità dei risultati”. Oddio, quando ci sono i paramilitari che ti vengono a dire come votare e i tuoi leader di riferimento sono in carcere, è difficile parlare di legittimità dei risultati.
E proseguono: “Invece di soffiare sul fuoco di una situazione già esplosiva, è auspicabile un approccio più responsabile che punti a una soluzione pacifica di questa nuova crisi politica in Venezuela”. “Crisi politica” è una bellissima espressione della neolingua: è la traduzione dell’espressione “elezioni truccate a favore di un autocrate comunista”.
Insomma, questa attrazione che hanno per il socialismo esotico non viene mai meno. Non ce la fanno. Ricordate che Giuseppe Conte, quando era presidente del Consiglio, 5 anni fa non si schierò né con Maduro né con l’allora avversario Juan Guaidó, che probabilmente le elezioni le aveva vinte e che poi fu eliminato per via giudiziaria. E ricordate la famosa frase di Conte sull’equidistanza tra gli Stati Uniti e la Cina, cioè tra l’Occidente e il cosmo autocratico comunista? Attenzione, noi non sosteniamo certo che non bisogna avere relazioni con la seconda economia del pianeta: in queste ore la premier Meloni è in visita in Cina e sta mantenendo un equilibrio istituzionale tra la necessità di relazionarsi e quella di non fungere da vassalli sciocchi: tant’è che ha ricordato che la collaborazione deve avvenire, ma all’interno di regole, e non ha intenzione di riaprire la Via della seta. Se cambiasse idea saremmo i primi a criticarla.
La suddetta posizione di vassallaggio è invece quella dimostrata più volte dal Movimento 5 Stelle verso varie dittature, se tendenti al rosso tanto meglio. Che oggi si è confermata perché in Venezuela non c’è una crisi politica: c’è che un dittatore erede del chavismo ha di nuovo truccato le elezioni, c’è che i suoi oppositori sono di nuovo in carcere, c’è che dei paramilitari vanno in giro con i mitra intorno ai seggi elettorali. Tutto questo, che piace tanto al Movimento 5 Stelle, a noi non piace affatto.