Così il green deal ammazza l’industria
Alessandra Mori · 25 Luglio 2024
Alessandra Mori, in questa puntata della nostra rubrica settimanale “Rumore”, parla con il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, con il quale mette a tema i guasti del green deal.
“Il patto verde, il green deal” spiega Tabarelli, è sempre una scorciatoia per raccogliere facili consensi: questo è accaduto nel 2019, quando è nato, e continua ad accadere oggi nella politica europea, in quella italiana, in quella mondiale. Dei costi invece si discute un po’ meno, parlare di costi e di deindustrializzazione è un compito che viene lasciato alla nostra industria”. Insomma, è facile dire che dobbiamo viaggiare con l’auto pulita, elettrica, ma se poi queste le auto le fanno in Cina (che fra l’altro non si vendono in Europa) si distrugge solo la nostra industria.
“In Europa e anche in Italia non ci sono più utilitarie che non siano un po’ ibride o elettriche. Ma queste auto costano e quindi non le si producono. La Cina invece produce moltissime auto elettriche, ma le vende soprattutto in casa sua, in Europa poco. Inoltre l’auto elettrica è dedicata a una mobilità di corto raggio: risultato, in pratica stiamo solo distruggendo un settore, quello dell’automobile. Questa è decrescita infelice: rispettiamo molto bene l’ambiente ma non andiamo in macchina.
“Certamente ci sono degli eccessi e l’inquinamento esiste, ma allo stesso tempo fa male a tutti non soddisfare bisogni primari come la mobilità, di fare benzina o gasolio e avere mille chilometri a disposizione. E questo dal 2035, grazie al green deal, non potremo più farlo”.
“È facile fare proclami, ma la realtà è distante: pensate solo al prezzo della CO2, i permessi di emissione sono un aggravio dei costi; e mentre in Europa si parla di fonti rinnovabili, nel resto del mondo si produce usando il carbone, o il gas, come negli Stati Uniti, che noi paghiamo tre volte tanto: in pratica, le nostre imprese pagano molto di più l’energia e quindi non riescono a essere competitive. La decarbonizzazione ci costerà moltissimo. Lo stesso presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha detto che l’Europa ha un problema di competitività con altri Paesi e che la decarbonizzazione costerà 1.100 miliardi di euro nei prossimi 10 anni”.
“La Cina è favorita” continua Tabarelli: “Là usano elettricità prodotta al 70 per cento con il carbone, se noi dobbiamo generarla con mezzi che costano di più, ovvio che alla fine i prodotti li dovremo comprare dalla Cina. Altro esempio: i pannelli fotovoltaici li si importa dalla Cina perché per il 90 per cento sono prodotti lì. L’energia elettrica là costa pochissimo, in più hanno anche la forza lavoro con salari bassi, certe regioni possono fare economia di scala perché sono gigantesche. È banale economia industriale, ma questi fatti sono sempre nascosti dietro al grande proclama che dobbiamo salvare il pianeta. Noi in Europa contiamo per il 7 per cento delle emissioni globali, e intanto il resto del mondo continua a crescere. Diciamolo, però, che cosa stiamo rischiando: quando si vedono chiudere o avere grandi problemi stabilimenti come la Bosch di Bari o la Magneti Marelli di Crevalcore, non si può dire che la transizione verde non verrà fatta pagare ai cittadini, né alle imprese, né agli enti pubblici. Non è un gioco a somma zero, qualcuno deve pagare tutto questo”.
In Sardegna Alessandra Todde sostiene che grazie alla decarbonizzazione abbatterà il costo delle bollette. “Si può anche promettere la luna. Decarbonizzazione vuol dire fare solo impianti fotovoltaici o eolici, ma non si può, perché quando non c’è vento e quando non c’è sole si resta a piedi: sono tutte promesse che non si possono mantenere. In Sardegna c’è un paradosso. In questo momento, per esempio, c’è un’enorme quantità di turisti che hanno bisogno di aria condizionata. L’elettricità la producono delle centrali a carbone, a Fiume Santo e Portovesme, che sta chiudendo, e un impianto dentro la grande raffineria Saras a Sarroch, in provincia di Cagliari. L’80 per cento della produzione elettrica della Sardegna viene da combustibili fossili: per questo dire decarbonizzazione per ridurre la bolletta, è come dire la moglie ubriaca e la bottiglia piena, cioè impossibile”.