Bravo Vance, ha portato gli sconfitti alla Casa Bianca
Alessandro Gnocchi · 20 Luglio 2024
Questa settimana Alessandro Gnocchi, dopo la consueta disamina delle classifiche letterarie e l’analisi del nuovo romanzo del Premio Pulitzer Michael Cunningham “Day” (La Nave di Teseo, 320 pagine, 22 euro), ci porta alla lettura di “Elegia americana” best seller del 2016 di J.D. Vance ritornato in voga dopo che l’autore è stato chiamato da Donald Trump a ricoprire la carica di candidato vice presidente. Vance è un personaggio interessante, è nato nel cuore dell’America e ha studiato a Yale, è entrato nel mondo degli affari per poi ritornare a casa sua per seguire da vicino quello che accadeva negli Stati delle sue origini, l’Ohio e il Kentucky.
Gnocchi racconta perché questo romanzo, in sostanza autobiografico, è importante: dà voce a chi non ce l’ha, in questo caso il proletariato bianco che ha sofferto maggiormente la globalizzazione e l’immigrazione. I proletari bianchi sono quelli che non possono realizzare il sogno americano e che non si pongono neanche più l’obiettivo di crescere nella scala sociale e nella ricchezza. Questo tipo di americano ha perso il lavoro e non riesce a trovarne un altro, a volte è vittima di dipendenze, spesso da farmaci oppiacei che sono più potenti dell’eroina, vive in questi Stati nel centro degli Usa che erano ricchi ma poi le industrie hanno chiuso, per cui il panorama oggi è boschi e ruggine, solitudine e isolamento sociale.
Ecco, questo pezzo di America non interessa ai media perché va di moda il politicamente corretto e quindi tutto questo popolo rimane sottorappresentato. Per Trump è un bacino di voti gigantesco, di cittadini delusi da come sono andate le cose. Il libro è bello, e lo è anche il film, ma ovviamente sui giornali sono stati massacrati a priori…