Salis senza freni: adesso vuole abolire le carceri
Giovanni Sallusti · 16 Luglio 2024
Cari ascoltatori, Ilaria Salis è il paradigma vivente di che cos’è diventata la sinistra 5.0, la sinistra di oggi: con un’uscita sui suoi social è arrivata a proporre l’abolizione del carcere come obiettivo politico. Ora, il carcere è il luogo dove punire e rieducare, mettere al sicuro la società da chi si è macchiato di reati ed è stato giudicato pericoloso, da chi ha infranto la libertà. Invece per Salis, no. Ecco il suo ragionamento: “Sono stata detenuta per oltre 15 mesi in condizioni contrarie ai più basilari principi di umanità”, dice. Occorrerebbe dimostrare che in Ungheria, Stato europeo, Stato di diritto, democrazia occidentale, le prigioni non rispettino i basilari principi di umanità: non crediamo che Ilaria Salis sia stata in un gulag russo nell’Artico o in un laogai cinese. Ma in ogni caso lei rivendica giustamente di sentire molto il tema del carcere e delle condizioni in cui ci si vive.
Fa poi un report sulla situazione spesso disastrosa, ingestibile e anche con delle punte umanamente inaccettabili delle condizioni delle carceri italiane: il tema, però, sarebbe come renderle accettabili, in grado di svolgere il loro ruolo sociale e di rispettare le persone recluse; non come abolirle. Salis sostiene invece che le carceri sono “uno strumento razzista e di classe, perché tendono a punire la povertà e la diversità”, che però a noi non risultano essere reati, né in Italia né negli altri Paesi mediamente civili. Poi tira in mezzo il dissenso politico e sembra di nuovo un po’ confusa, perché non siamo in Russia, non siamo in Cina, non siamo in Iran, non siamo in qualche paradiso comunista o terzomondista alternativo al malvagio modello capitalista: è proprio in quei paradisi che si punisce il dissenso politico e anche la diversità, da noi no.
Ma il capolavoro è il finale di questo lungo post, una vetta di surrealismo finora inesplorata. Ecco qui: “La proposta di un’alternativa all’inefficacia e alla disumanità del sistema carcere non è semplice” (in effetti se domattina aboliamo le carceri qualche problemino di tenuta sociale, di deragliamento della criminalità nelle strade esiste), “ma non è nemmeno un’utopia”, ammonisce lei, “le strade da percorrere lungo la via di un nuovo realismo abolizionista necessarie da subito sono fondamentalmente due: da un lato sperimentare sempre più forme di giustizia riparativa oltre il paradigma della reclusione” (quindi come dire sgozzatori, stupratori, pluriomicidi seriali, persone che si sono macchiate di abusi su minori devono uscire da questo paradigma), “dall’altro poi bisogna intervenire ovviamente in modo strutturale sulle grandi questioni sociali e politiche che rappresentano le vere cause alla base del problema”: cioè la causa è sempre di contesto, sociologica, è sempre il malvagio sistema capitalista che crea le condizioni per cui le persone delinquono. Nelle riflessioni di chi la pensa come la Salis la responsabilità individuale non c’è mai.
E in chiusura, ecco: “Liberiamo la nostra immaginazione politica dalla falsa, negativa necessità della prigione”: Ilaria Salis immagina una società in cui la prigione non esista, io riesco a immaginare questa cosa solo come un ripristino dello stato di natura hobbesiano, dove l’uomo è il lupo per l’altro uomo, se manca l’autorità minima dello Stato che a tutela delle libertà punisce chi le calpesta le libertà. Io non ci riesco, a liberare l’immaginazione su questa idea che lei ha. Ma nemmeno so se essa generi un conflitto di interessi, avendo lei già teorizzato la legittimità di comportamenti come l’occupazione abusiva delle case, come il blocco degli sfratti, come la resistenza a pubblico ufficiale: tutte cose che noi reazionari ancora giudichiamo reati. Potrebbe voler abolire la prigione anche per autotutela? È solo una nostra malignità, ma il fatto rimane: una europarlamentare che rappresenta il popolo italiano ha proposto di abolire il carcere. C’è di buono che neanche con tutto il suo talento riuscirà a dire di peggio.