Garlasco, la vera missione è ripulire la giustizia

· 1 Dicembre 2025


In questa puntata di “Auto da fé” Giulio Cainarca dialoga con Marco Gregoretti, giornalista, scrittore, autore presso diversi periodici, radio e trasmissioni televisive come “Quarto Grado”, sul caso dell’omicidio di Garlasco che sta tenendo prepotentemente banco in questi ultimi mesi dopo la riapertura delle indagini giudiziarie attorno alla figura di Andrea Sempio, benché Alberto Stasi sia già stato condannato in via definitiva per l’assassinio di Chiara Poggi.

“Teniamo conto che sono stati commessi ben 63 errori nel corso delle indagini, tutti inclusi nelle carte giudiziarie che, a questo punto, dovrebbero legittimare una richiesta di revisione del processo per via delle novità che stanno emergendo. Il rischio è che tutto il pasticcio venga risolto con un altro condannato non oltre il ragionevole dubbio: perché adesso la vicenda non è più interrogarsi se sia colpevole Stasi o Sempio. La riforma dell’articolo 111 della Costituzione sul giusto processo approvata nel 1999 viene sempre sventolata soltanto quando interessa a qualcuno e mai in assoluto: forse l’applicazione del ragionevole dubbio avrebbe tirato fuori dai guai un sacco di gente”.

“Adesso si sta parlando di separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, ma forse bisognerebbe separare le carriere anche fra giornalisti e procure. Anche perché si sono creati tre-quattro partiti mediatici composti da interlocutori che quasi si arrabbiano se le cose non vanno nella direzione favorevole alla propria cordata di riferimento. Si creano dei legami che poi condizionano molto fortemente anche chi fa il mestiere di giornalista. La deriva è cominciata nel ’92-’93, con Mani Pulite: perché, a parte casi rari, il pool dei giornalisti si presentava davanti all’ufficio di Antonio Di Pietro, prendeva la cartella dei documenti e alla fine i titoli erano praticamente tutti uguali. E se c’era un collega che magari sottolineava che le cose erano un po’ diverse da come venivano raccontate, veniva “lapidato”, etichettato come un craxiano. La sensazione è che da lì non si sia più usciti tanto, i cani sciolti sono sempre mal visti”.

Ci si sta appassionando a questa vicenda anche perché in gioco c’è la fiducia nella macchina giudiziaria. Fatte le debite proporzioni, per certi versi questo è un altro caso Tortora. E qua potremmo avere due Tortora contemporaneamente perché io penso, unendo i miei puntini, né Stasi né Sempio abbiano ucciso Chiara Poggi, ma che entrambi siano coinvolti. E questo apre uno scenario molto preoccupante, in quanto il vero focus di tutta questa storia sono le inchieste ‘Clean 1’ e ‘Clean 2’, che disarcionano un sistema dove c’è un livello di marcio che coinvolge la magistratura, la polizia giudiziaria, l’imprenditoria, che va ben al di là di Garlasco. E se si fermano queste inchieste, la fiducia dei cittadini nella giustizia calerà sotto lo zero. Poi sembra anche in corso anche un regolamento di conti tra settori della magistratura e nessuno si vuole cedere, perché se no si perde potere”.


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