Il vero pericolo per l’Europa si chiama Macron

· 14 Luglio 2025


Cari ascoltatori, è vero che nelle relazioni internazionali, transatlantiche, tra alleati, si aggira un apprendista stregone: ma non è, come sostiene il mainstream, Donald Trump. È, sempre più fuori controllo, Emmanuel Macron.

Mettiamo ordine: secondo il mainstream l’orco con il ciuffo ha piazzato compulsivamente dazi al 30% sulle merci provenienti dall’Unione Europea, così da rovinare un mondo idilliaco di liberi scambi sull’asse transatlantico. Racconto farlocchissimo che sta solo nelle teste di lorsignori, perché lo stesso Trump ha spiegato il motivo dei dazi: le barriere tariffarie che l’Unione Europea impone da sempre alle merci provenienti dagli Usa. Pensate solo ai dazi sulla filiera dell’automotive Usa, molto più alti di quelli reciproci. Oppure all’Iva media europea al 22%, già difficile come concetto per la mentalità americana: la tassa Usa che le somiglia di più è al 6%.

Poi ci sono le barriere non tariffarie, che sono anche peggio, perché hanno alterato più in profondità i meccanismi della concorrenza: l’ipertrofia della euroburocrazia fra balzelli, procedure e cavilli, che Mario Draghi chiamò “dazi impliciti”; un moloch che filtra e ostacola la dinamica virtuosa del libero scambio, checché ne dicano gli analisti del lunedì mattina.

Trump ha anche evocato le manipolazioni della moneta, che riguardano poi la grande anomalia tedesca: un Paese a fortissima vocazione esportatrice ha costruito insieme ai soci europei una moneta, l’euro, più debole del marco, avvantaggiando la Germania.

Questi sono i tre snodi citati da Trump, per cui i suoi dazi sono in realtà dei controdazi. E su tutto questo chi irrompe? Emmanuel Macron, che sembra voler scavalcare anche la Commissione, mentre perfino Ursula sta tenendo un atteggiamento accorto (lucido sarebbe troppo, perché lucido sarebbe solo sbaraccate tutte le follie normative, a partire dal green deal e dal patto di stabilità). Il presidente francese ha invitato la Commissione ad accelerare la preparazione di contromisure credibili mobilitando tutti gli strumenti a sua disposizione, compreso il meccanismo anticoercizione, quello che autorizza misure commerciali unilaterali: limitazione agli investimenti nel Paese “nemico” e persino restrizione agli appalti pubblici per le aziende di Paesi terzi ritenuti ostili.

L’America, nella narrativa di Macron, sarebbe ostile, tant’è che nelle stesse ore in cui evoca una inverosimile e masochista guerra commerciale contro gli Stati Uniti dice che l’Europa ora deve pensare da sola alla propria difesa, riferendosi a un disimpegno americano che però non c’è: anzi, Trump ha ottenuto maggiori investimenti per la Nato. Ma Macron non se ne avvede, e si inventa che alla difesa dobbiamo pensarci da soli, cioè ci deve pensare la Francia.

La sintesi è che in una temperie internazionale complessa, in un momento complicato per i rapporti transatlantici, Emmanuel Macron fa l’incendiario, perché intravvede l’opportunità di indossare il suo cappello dai Napoleone, tant’è che sta spronando il governo a raddoppiare il bilancio della difesa per il 2027. E tutto mentre il tasso di povertà in Francia ha raggiunto livelli record, mai visti da 30 anni, e a curare questa débacle dei fondamentali economici francesi sarebbe nuova patrimoniale sui 1.800 contribuenti ultraricchi. Magari Macron potrebbe occuparsi di più dei drammi nella sua Francia e non perdere tempo a giocare al Napoleone contro gli Stati Uniti: l’Europa e l’Italia non ne hanno alcun bisogno.


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