Maranza minaccia la figlia di Meloni: per le toghe rosse è ok

· 2 Luglio 2025


Cari ascoltatori, ieri il conduttore di un talk televisivo, cui stavamo partecipando, ha fatto notare che in questi giorni non c’è un rapporto irenico tra politica e giustizia, e noi abbiamo precisato che è così dal 1992, cioè da quando l’ordine giudiziario ha deciso di sconfinare e si è auto-investito di una missione politica di rigenerazione del sistema, con le storture di Tangentopoli, la politicizzazione dichiarata dell’azione giudiziaria nella stagione del berlusconismo, e poi la follia del processo a Salvini per sequestro di persona. Oggi però a questo lungo irrisolto italiano si aggiunge un nuovo episodio, irrituale e sgradevole per qualunque osservatore privo di pregiudizi.

È successo che Silvia Albano, presidente di Magistratura democratica, la correntona più a sinistra delle toghe, che lavora al Tribunale di Roma nella sezione Immigrazione, ha sospeso l’espulsione di un cittadino del Camerun che si chiama Domingue Ibii Ngwang. Questo galantuomo il giorno di Pasqua ha registrato un video davanti alla questura di Macerata: vestito con felpa e occhiali da sole, con movenze da rapper, ha indicato un’auto della Polizia e ha sfidato lo Stato italiano, dicendo: “Salvini questa macchina la vendo a 50 centesimi”, non proprio un’espressione di convivenza pacifica, e poi si è rivolto alla premier così: “Melo’, ho saputo che hai una bella figlia, io sono negro, bello figo, con mio fratello bello figo, mangiamo gratis, dormiamo gratis, non paghiamo l’affitto e poi scopiamo le ragazze italiane”. Diciamo che il commento sta già nella cronaca, non serve neanche sottolineare che questo tizio ha neanche tanto velatamente minacciato la premier italiana e la figlia Ginevra, di 8 anni,.

Al tempo scoppiò un caso: il galantuomo era un calciatore della società Cluentina Calcio di Macerata, che ha immediatamente rescisso il contratto, e il questore ne ha disposto l’allontanamento dal territorio nazionale con un decreto firmato dal ministro Piantedosi il 5 maggio, spiegando che “le frasi del signor Ngwang rivelavano un atteggiamento indegno e spregevole da parte del cittadino camerunense verso i minori e il genere femminile, un irrispettoso scherno alla società civile italiana che di fatto gli consentirebbe di vivere sul territorio nazionale senza doveri né oneri, e una totale mancanza di rispetto verso l’istituzione della Polizia di Stato”.

Sembra un’ovvietà, eppure il personaggio non è mai stato accompagnato al confine: il 7 maggio il giudice Alessandra Filoni, della sezione Immigrazione del Tribunale di Ancona, si è rifiutata di convalidare il decreto, e nel frattempo, in seguito al ricorso presentato dagli avvocati di Ngwang, la pratica è finita sul tavolo di Silvia Albano, che l’11 giugno ha sospeso la procedura d’espulsione fino all’udienza da lei fissata per il 23 dicembre. Una data curiosa, di sicuro scelta senza malizia, ci aspettiamo un tribunale affollato, l’antivigilia di Natale.

Ma la cosa più irrituale sta nel documento che spiega questa decisione, praticamente una sentenza di assoluzione: “Non esistono gravi motivi per accogliere l’istanza di sospensione, giacché non può evincersi che lo straniero, figlio di cittadino italiano, abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave ai diritti fondamentali della persona o all’incolumità pubblica”. In pratica, questo signore gira un video in cui insulta la Polizia, Salvini e Meloni, allude alla figlia di 8 anni di Meloni dicendo che lui e il fratello sono avvezzi da consumare atti sessuali con le ragazze italiane: tutti ci possiamo rendere conto dell’orrore e dell’addio al concetto di convivenza pacifica e integrazione. E invece la presidente di Magistratura democratica sospende la sua espulsione. Altro che rapporto non irenico: questo è uno sconfinamento quotidiano e irritante, praticamente personale, di certa magistratura verso certa politica. Una politica che non è mai quella che sta a sinistra.


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