Elly, adesso fai un bel pride a Teheran
Giovanni Sallusti · 30 Giugno 2025
Cari ascoltatori, vorremmo dare un consiglio non richiesto alla segretaria del Pd Elly Schlein, perché in fondo vogliamo che la sua agenda politica, se così si può chiamare, abbia successo. Sapete che Elly è reduce dalla spedizione resistenziale-arcobaleno in Ungheria, il Pride di Budapest, dove ha rilasciato tonanti dichiarazioni: “C’è una grandissima partecipazione, è segno che non si può vietare l’amore per legge, vietare il Pride vuole dire discriminazione istituzionale. Era per noi importante essere qui, per portare piena solidarietà agli ungheresi”.
Sono gli stessi gli ungheresi che hanno visto nella loro capitale, non in un paesino di periferia, tenersi un Pride in piena libertà: quindi apprezziamo che Elly sia andata, perché ognuno è sovrano sulla sua agenda politica, anzi la prossima volta le paghiamo il biglietto, che è un’assicurazione sulla vita e sulle fortune elettorali del centrodestra. Anzi, rilanciamo, vogliamo essere più schleiniani di lei. Le proponiamo di fare un passo avanti in questa sua battaglia di civiltà, magari insieme con Fratoianni, Bonelli, Conte e il campo largo tutto: convochino un Pride a Teheran, emettano un comunicato in cui dichiarano che porteranno la manifestazione nella capitale iraniana, perché l’amore non si può vietare per legge e vietare il Pride è una grave discriminazione.
Questo è il nostro appello a Elly: vai fino in fondo nella tua agenda, prova a indire un Pride, un raduno Lgbtq+, che per noi, chiariamo seriamente, è giusto che si tenga perché la libertà di manifestazione è sacra. È sacra anche la libertà di dissenso dall’ideologia arcobaleno o gender che spesso monopolizza e banalizza questi eventi, ma chi vuole indire un Pride deve poterlo fare. Sapete, cari compagni, perché vi invitiamo? Perché ultimamente ci siete sembrati un po’ tiepidi sul regime degli ayatollah, su Khamenei e i suoi gerarchi nazi-islamici: vi abbiamo udito tuonare contro l’escalation di Israele e l’attacco “ingiustificato” all’Iran, sorvolando sul fatto che si è trattato di un’azione di difesa da un’entità che vuole cancellare lo Stato degli ebrei dalla faccia della terra.
E ugualmente vi abbiamo sentito tiepidi nei confronti di una dittatura religiosa che gli omosessuali li perseguita in quanto omosessuali e li impicca pubblicamente, uno dei regimi più sessuofobi della terra, dove esiste la polizia morale che va in giro a misurare i centimetri di capelli lasciati scoperti dalle donne velate e se non rientrano nei canoni le sequestra, le fa sparire nelle carceri: sotto la sharia, gli Lgbtq+ in Iran non possono neanche pensare di esistere.
Quindi, come avete sentito intensamente l’importanza del Pride sotto il governo di Orban, che si è potuto tenere perché l’Ungheria, vi piaccia o no, è una democrazia, a maggior ragione farete vostra la battaglia per il Pride a Teheran. Aspettiamo il comunicato di convocazione.