Giuseppe Cruciani: il duce? è il datore di lavoro degli antifà

· 5 Luglio 2025


Per la nostra rubrica “Parlando liberaMente”, l’intervista settimanale con i protagonisti dell’attualità, della politica, del giornalismo, Giovanni Sallusti parla con il giornalista e conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani dei tic sociali e politici prendendo spunto dal nuovo libro di Cruciani, “Ipocriti!”, uscito per Cairo editore (208 pagine, 17 euro).

“L’ipocrisia, quella rampante, che è patologica, va evidenziata, è il predicare bene e razzolare male. Un esempio sull’antifascismo odierno: alcuni Comuni di centro-sinistra vogliono che tu dichiari il tuo antifascismo in uno spazio pubblico. Quando affitti una sala comunale – è capitato a me a Lodi e in altre occasioni in cui sono andato a presentare qualche libro, per esempio quello del generale Vannacci – ti chiedono una specie di patentino dell’antifascismo, una dichiarazione di intenti. In sé io non avrei difficoltà a firmarla, se non ci fossero di mezzo questioni di principio: per affittare uno spazio pubblico non ho bisogno di dichiararmi nulla, devo essere a posto forse con le tasse, devo essere in grado di pagare, cosa che non tutti quelli che occupano uno spazio pubblico fanno. È un comportamento che non porta a nulla: con me per esempio un’amministrazione comunale di centrosinistra ha perso dei soldi perché un’associazione voleva presentare il mio libro in una sala comunale, ma era richiesto questo patentino antifascista che nessuno di noi ha avuto l’intenzione di firmare, e dunque siamo andati in un’altra sala”.

“Quello di oggi è un antifascismo a uso dei giornali, del marketing, di una serie televisiva che deve uscire. Pensate alle dichiarazioni dell’attore Luca Marinelli, protagonista di “M. – Il figlio del secolo”, tratto dal libro di Antonio Scurati: non metto in dubbio la sua sincerità. Trovo semplicemente senza senso il racconto della sofferenza nell’interpretare un ruolo di cattivo, cosa che non è mai successa a nessun attore. Gli attori interpretano spessissimo il ruolo di cattivo, di assassino, di serial killer. Marinelli si proclama antifascista, dice che ha coinvolto la nonna e la famiglia in questa decisione eccetera, ma poi ovviamente incassa il cachet da attore. C’è tutto un canovaccio di struggimento e di proclamazione dell’antifascismo, di paragoni con i tempi attuali per cui staremmo vivendo più o meno gli stessi pericoli, che francamente trovo patetico. I paralleli con il governo Meloni, che evidentemente non c’entra nulla con quel periodo, l’allarme antifascismo ancora vivo. Ma una biografia è una biografia, e tutti costoro sono persone che dalla figura del duce continuano a ottenere grandi vantaggi: lo Scurati che conosciamo non sarebbe tale senza il duce”.

“Il duce è un po’ il datore di lavoro di molte persone nei mondi politico, giornalistico, teatrale, letterario, ed è un datore di lavoro importante: senza la figura del duce, che loro chiaramente odiano e mettono in negativo, come è normale che sia, anche le loro fortune economiche non ci sarebbero, questo è un dato da considerare”.

Caso Rami: il carabiniere che guidava la gazzella rischierebbe il processo perché secondo il pm  guidava a una distanza ravvicinata, violando le regole di comune prudenza e diligenza comunque imposte. “Non sono nel cervello dei pm, non voglio pensare neppure lontanamente che abbiano dei pregiudizi nei confronti delle forze dell’ordine, ma l’impressione è che abbiano voglia di fare pari e patta, con questa cosa che per evitare quella moto l’auto avrebbe dovuto stare a 13 metri, invece era un metro e mezzo:  vogliono dare istruzioni ai carabinieri su come fare un inseguimento. I CC vengono portati in giudizio per i metri di distanza in un inseguimento di otto chilometri su due sconosciuti che potevano essere chiunque, balordi di periferia, criminali. Dieci metri, 13 o 15, è comunque una follia: qui siamo in presenza dell’ipocrisia nei confronti forze dell’ordine”.

“Altri esempi sono il maliano che alla stazione di Verona, completamente fuori di sé, con un coltello aggrediva e minacciava chiunque, è stato ucciso da un poliziotto che per autodifesa e difesa degli astanti gli ha sparato: per il pensiero progressista è quasi diventato un eroe: con interventi di importanti personaggi dell’amministrazione di centrosinistra di Verona, manifestazioni a favore dell’immigrato e contro la polizia assassina. O il maresciallo che nel riminese una notte di Capodanno ha sparato contro un signore armato di coltello: le immagini mostrano che il carabiniere mira prima alle gambe, ma quello gli si avventa contro e a quel punto è costretto a sparargli addosso. È stato scagionato dopo sei mesi perché le perizie hanno dovuto dimostrare che i colpi erano stati sparati prima alle gambe: altra follia”.

“Un altro tema ipocrita è il sessismo: lo è diventato è persino sedersi in un autobus e allargare le gambe, lo hanno chiamato ‘manspreading’, ossia l’appropriazione da parte degli uomini dello spazio fisico su un mezzo pubblico. Sul Corriere della Sera una giornalista, evidentemente molto femminista, ha pubblicato un articolo in cui sostiene che i disegni del maschio e della femmina sulle porte dei bagni all’università di Roma sono discriminanti nei confronti della donna, perché l’uomo viene presentato in una tenuta da lavoro, con la giacca (dettaglio che vede solo lei), mentre la donna è un po’ popputa e sembra indossare un vestito provocante. Poi si sono inventati il terzo bagno per chi non si sente né maschio né femmina. Questa è un’altra follia del politicamente corretto”.

“Molti hanno detto: adesso è arrivato Trump e c’è una ritirata del politicamente corretto. Attenzione, innanzitutto Trump durerà quattro anni, e poi i presidente Usa su queste cose ha un approccio molto all’americana, ha un approccio vendicativo, per cui può provocare una reazione contraria, per esempio nelle università. Comunque l’ondata trumpiana contro il politicamente corretto – inclusa la cancellazione dei programmi di inclusione perché erano discriminatori nei confronti di alcune categorie, per esempio i bianchi eterosessuali, privilegiando neri, minoranze etniche e minoranze sessuali – qui in Europa non si è vista. È vero che sono diminuite le aziende che ammantano di arcobaleno i loro simboli durante il gay pride, e in generale tutta la fanfara si è leggermente assopita, ma resta lì, in sonno”.

“In Gran Bretagna se dici una parola fuori posto ti vanno a cercare a casa; qui in Italia siamo al punto in cui se uno augura la morte della figlia della Meloni alla fine non succede nulla; anzi, la Meloni addirittura quasi sembra perdonare”.

“Il woke non è finito, le università italiane continuano a produrre inutili papelli, studi e guide sul linguaggio inclusivo e sul suo cambiamento, tipo l’asterisco, su quali parole si possono dire e quali no: non siamo in presenza di una retromarcia, il woke c’è ancora, pronto a riprendere il controllo”.


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