Da Kant a De Gaulle, guida all'”Europa spirituale”
Alessandro Gnocchi · 1 Giugno 2025
In questa puntata di “Alta Tiratura”, Alessandro Gnocchi parla del Festival di storia Gorizia, dove si trova, che quest’anno è centrato su tema delle città. Gnocchi pone l’attenzione su un libro di Fernando Gentilini, “Atlante delle città eterne. Itinerari e voci nell’Europa delle idee” (Baldini+Castoldi, 304 pagine, 19 euro), “un piccolo caso perché è scritto da un diplomatico di lungo corso, 40 anni nella diplomazia italiana, sempre nelle istituzioni internazionali”. È stato l’ultimo rappresentante di un’organizzazione che promuoveva il dialogo tra israeliani e palestinesi, ha una ampia esperienza negli anni dell’occupazione in Afghanistan e in Iraq. Quindi ha una grande esperienza delle zone di guerra che oggi ci interessano, ed è esperto anche della parte orientale dell’Europa: ha assolto il suo servizio diplomatico anche a Sarajevo, conosce molto bene Odessa e i territori contesi del Donbass, la Lettonia, Vilnius, insomma tutta quella parte di Europa.
Gentilini ha scritto un libro molto particolare, una specie di mappa geografica ma anche temporale, perché ogni città europea viene affrontata e raccontata da uno scrittore del passato. Si tratta di un tentativo di mostrare che cosa c’è dietro all’Europa di oggi e che cosa manca al nostro continente e invece dovrebbe esserci. Gentilini sostiene che non sono le istituzioni a mancare, ma una specie di Europa spirituale, cioè la consapevolezza delle nostre radici, il nostro passato e le sue qualità portanti, elaborate nel corso di una storia spesso drammatica, spesso piena di errori, di tragedie, come le guerre mondiali e il colonialismo. La sostanza è che alla fine l’Europa riesce sempre a essere, miracolosamente, Europa, Occidente, come lo è l’America. E riesce sempre a essere comunque il portabandiera della democrazia liberale.
Ma l’aspetto veramente interessante di questo libro è che attraverso i dialoghi con questi personaggi, attraverso la descrizione di queste città, Napoli, Roma, Konigsberg, Vienna, Sarajevo, Odessa, Londra – in tutto sono 18 – emergono delle idee di Europa che sono state accantonate, forse anche in maniera frettolosa, sbagliata. C’è un dialogo con Charles de Gaulle a Parigi, che parte dalla grandeur della Francia e arriva a una riflessione sull’idea di Europa che il generale aveva: un’Europa delle nazioni, all’apparenza un po’ difficile da conciliare con l’idea di Unione europea che abbiamo noi: come fai a conciliare il nazionalismo alla francese con lo spirito universale che deve avere una federazione europea?
De Gaulle spiega che invece questo è perfettamente possibile e che l’Unione europea deve essere principalmente un’unione economica; nel momento in cui si devono prendere decisioni politiche ogni attore deve arrivare con la sua idea, e si può anche ragionare in ordine sparso, almeno su alcuni temi. Poi c’è un altro tipo di Europa, che è l’Europa federale, che è quella sognata da Immanuel Kant, che viene intervistato a Konigsberg, al tempo la capitale prussiana: un tipo di federalismo che può ricordare il federalismo degli Stati Uniti. Naturalmente tutto inserito nel discorso sulla pace e come mantenerla, sulla quale Kant scrisse un saggio nel 1794, “Per la pace perpetua”.
Nel libro c’è anche una storia incredibile che pochi conoscono: per quasi cinque secoli c’è stata una zona d’Europa che oggi viene indicata come Commonwealth Polacco-Lituano, una fetta di terra che partiva dalla Lituania, da Vilnius, scendeva in Polonia, toccava Cracovia, poi girava verso est, arrivava a Odessa e alle città oggi contese che danno sul Mar Nero, inclusa la Crimea.
Questa zona geografica era governata da un consiglio cui partecipavano Stati diversi e comprendeva una popolazione incredibilmente varia. Erano rappresentati tutti e tre i monoteismi, e questo è uno dei motivi per cui nell’Europa centrale c’è una forte presenza ebraica: il Commonwealth era particolarmente tollerante, per cui gli ebrei ci andarono in massa. Quando si dice che i turchi furono sconfitti alle porte di Vienna, è perché furono sconfitti dall’esercito del Commonwealth Polacco-Lituano.
Questa storia mostra un modo di convivere in Europa diverso da quello che siamo abituati a considerare. Multietnico e funzionante. Dal libro di Gentilini si scopre che un tempo tante città avevano questo statuto multietnico e che in qualche modo funzionavano. Basti pensare alla stessa Vienna, alle città dell’impero austro-ungarico: lì, prima dei nazionalismi novecenteschi che hanno ucciso l’Europa, c’era quello che noi oggi stiamo cercando. C’era un modo di convivere tra popoli diversi. Odessa era un carnevale di popolazioni diverse. I genovesi di Odessa erano loro stessi una grandissima città. Istanbul era anch’essa una città multietnica, e in parte lo è ancora.
Quindi c’è qualche cosa da capire nel nostro passato, a patto di non fermarsi al Novecento, che è stato il secolo in cui l’Europa si è suicidata dobbiamo guardare a epoche più lontane, in cui quasi spontaneamente l’Europa aveva creato delle città dove hanno convissuto popoli diversi e religioni diverse, in pace.
Anna Talpo Di 1 Giugno 2025 alle 10:28
Buongiorno
complimenti per la sua trasmissione, ottima.
In merito a storie di multiculturalismo ricordo anche Venezia e la Repubblica veneta la quale ospitava e inglobava (come impero settinsulare) genti e culture molto diverse. Tutti erano tenuti a rispettare le leggi, veneziani, veneti e stranieri.