Garlasco è un punto di non ritorno della giustizia
Giovanni Sallusti · 28 Maggio 2025
Cari ascoltatori, sul caso di Garlasco non hanno certezze gli inquirenti che hanno riaperto l’inchiesta, non saremo certo noi ad avere l’arroganza di coltivarne di nostre. L’unica che al momento si può avere è una certezza negativa: che, comunque vada a finire, a Garlasco rischiano seriamente di morire la giustizia, la nostra fiducia e anche la sua credibilità interna. Questo è quanto dice oggi il ministro della Giustizia Carlo Nordio in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
Nordio è spesso sotto attacco da parte di certo mainstream giustizialista ben radicato in questo Paese. Per loro è inaccettabile che il ministro non si limiti a fare il passacarte della magistratura, ma che, pur essendo un ex magistrato di spessore, abbia delle idee, un suo modello di sistema giustizia. In pratica si è riappropriato della facoltà politica di incidere sulla materia di cui si occupa, e non lo nasconde.
Oggi, per esempio, ha detto cose importanti sull’infinita tragedia di Garlasco: “O il detenuto è innocente, e allora ha sofferto una pena atroce ingiustamente. O è colpevole e allora è l’attuale indagato a dover affrontare senza colpe un cimento doloroso, costoso in termini di immagine, di spese e di sofferenze”.
Nel caso in cui Alberto Stasi fosse innocente, ipotesi che ormai per logica non si può più escludere, visto che ci sono nuove indagini e un nuovo indagato, la vita di un ragazzo che stava scrivendo la tesi di laurea è rovinata per sempre. Nel caso invece in cui Stasi risultasse colpevole, l’attuale indagato sta affrontando senza colpe un percorso doloroso, costoso e con il rischio di essere anche mostrificato, come avvenne con Stasi a giornale collettivo: allora solo Vittorio Feltri cantò nitidamente fuori dal coro. Con Andrea Sempio alcuni ci stanno già provando, ovviamente senza alcun fondamento, perché per il nuovo indagato devono valere tutte le garanzie e anche le accortezze mediatiche che purtroppo non sono valse all’epoca per Alberto Stasi.
Nordio chiarisce che “nel merito non devo, non posso e non voglio entrare”, ma spiega “un principio generale: dopo un proscioglimento è irragionevole una condanna. Soprattutto se le assoluzioni sono due. Come puoi condannare ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’, se due giudici hanno già dubitato?”. Questo è un punto di diritto fondamentale, e l’obiezione di Nordio è poggiata su una logica elementare, su un senso umano delle cose difficilmente aggirabile. Ricordiamo che in alcuni Paesi è in vigore una sostanziale non appellabilità di sentenze di proscioglimento o assoluzione.
L’esigenza di condannare al di là di ogni ragionevole dubbio è una precisa indicazione del Codice penale, e oggi è difficile pensare che Stasi stia scontando una pena al di là di ogni ragionevole dubbio. Nordio ha ragione: Garlasco rischia di essere il punto di non ritorno della credibilità e dell’efficacia della giustizia, e rende ancora più chiara l’esigenza di una riforma nell’interesse dei cittadini, che è una delle missioni del ministro. Speriamo vada fino in fondo, portando avanti anche il modello della non appellabilità di sentenze di proscioglimento o assoluzione, soprattutto se sono più d’una.
Una nota in coda: nella puntata di “Auto da fè” di giovedì 22 maggio scorso, condotta da Giulio Cainarca con gli ospiti Max del Papa e Silvana De Mari, sono state dette cose che non rientrano nella linea editoriale di questa testata e che non corrispondono al nostro modello di informazione, che è fieramente orientato verso una visione del mondo, ma sempre a partire da un dato di realtà. Il direttore responsabile di questa testata e la testata medesima non si riconoscono nelle posizioni espresse, e da esse si dissociano.
Va chiarito per l’ennesima volta che Radio Libertà non è una testata “no vax”, qualunque cosa voglia dire questa espressione. È una testata critica dell’ideologia chiusurista, dell’ideologia del lockdown con cui è stata gestita l’emergenza Covid. E siamo sicuramente critici nei confronti dell’ossessione sanitaria che allora andò in scena e che mise da parte pezzi fondamentali della libertà, del diritto e anche della salute umana, la salute economica, la salute psicologica: tutte dimensioni della persona che furono schiacciate da quella gestione e dall’ideologia che vi fu costruita sopra.
Ma questo non vuol dire essere “no vax”, pensare, in assenza di riscontri cogenti, che i vaccini possano causare malattie, né che chi all’epoca era al governo sia responsabile di presunte malattie prodotte dai vaccini. Da queste posizioni il direttore responsabile e la testata non possono che dissociarsi.