Il terzo mandato? Pura, essenziale democrazia

· 21 Maggio 2025


Cari ascoltatori, ne parliamo una volta e chiaramente per non cadere nello stillicidio quotidiano politichese, tecnico, di tattica di palazzo: il terzo mandato, se preso sul serio, è semplicemente un grande tema di democrazia. Partiamo dalle parole del vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini pronunciate oggi durante un’iniziativa politica a Foggia: “Terzo mandato: se il centrodestra ci darà ragione sarò contento, perché bisognerà fare in modo che siano i cittadini a scegliere”. Questo è il punto ineludibile, per una coalizione che ha l’impianto valoriale del centrodestra.

Non si capisce perché, se i veneti vogliono rivotare in massa Luca Zaia, o se i campani vogliono rivotare in massa Vincenzo De Luca, non debbano essere liberi di farlo. In una democrazia liberale non se ne vede la ragione, anzi, suona malissimo. Il tema è ritornato d’attualità perché il governo ha impugnato, sull’onda di un’iniziativa di Fratelli d’Italia seguiti da Forza Italia, l’allungamento dei mandati effettuato per legge dalla Provincia autonoma di Trento.

C’è anche un altro elemento che stride politicamente. Come ha fatto notare Maurizio Fugatti, presidente leghista della Provincia autonoma di Trento, la Corte Costituzionale, quando bocciò l’ipotesi di terzo mandato riferita alla Campania, chiarì che quel provvedimento non riguardava le Regioni a statuto speciale. Quindi sembra che qualcuno nel centrodestra sia più zelante della stessa Consulta. Parliamo oltretutto di governanti di prossimità, che hanno un legame diretto con i cittadini elettori.

Ora, è davvero strano che ci si venga a dire che i governatori di Regione o di Provincia autonoma rappresentino un problema di concentrazione di potere nel Paese in cui ormai è sdoganata una bizzarra forma di monarchia repubblicana, in cui per la seconda volta è stato raddoppiato il settennato del presidente della Repubblica, grazie a un accordo tra partiti; nel Paese che annovera onorevoli e senatori che sono in Parlamento dagli anni ‘80 e ‘90 e quindi a maggior ragione avranno coltivato una legittima rete di potere; nel Paese in cui molti ruoli apicali del cosiddetto deep state, cioè i boiardi di Stato, sono occupati da una stretta cerchia di persone che se li rimpallano e che ricoprono varie cariche (il più clamoroso caso di scuola è Giuliano Amato, che ha accumulato una serie di incarichi impossibili da riepilogare).

Allora, che ci si venga a dire che un problema di concentrazione di potere può essere generato da governanti scelti direttamente dal corpo elettorale, che hanno un legame diretto col proprio territorio, è un tema che può rientrare solo nel surrealismo. Se invece si affronta con nitore l’argomento, non si può non riconoscere che è una questione di pura, essenziale democrazia.


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